Connect with us

Calcio

Armando Vallario: “Le mie riflessioni sul vasto mondo del calcio giovanile”

Published

on

Dopo quelli dei mesi scorsi il tecnico e docente molisano d’adozione propone un nuovo elaborato calcistico

Una nuova riflessione dopo gli elaborati di fine maggio. Riecco Armando Vallario, attraverso un lungo e articolato pensiero sul calcio giovanile, vasto mondo che l’allenatore e docente pugliese, ma ormai molisano d’adozione, conosce benissimo. Allenatore professionista “Uefa A” e Docente per corsi di aggiornamento “Uefa B”. Sul campo esperienza trentennale in tutte le categorie professionistiche (dalla C2 fino alla A) tra settori giovanili e prime squadre come Parma, Bologna, Sampdoria e Chievo Verona a conferma della sua importante esperienza sul campo.

L’allenamento attuale del calcio, specialmente nei settori giovanili, è fortemente orientato verso l’insegnamento della tecnica e della tattica attraverso modelli stereotipati.

Invece di orientare l’attenzione del giocatore anche ad aspetti quali “cosa fare”, “quando farlo” e “perché farlo”, si sovrastima il “come farlo”. Ciò costituisce un grosso ostacolo alla compresione dei differenti aspetti del gioco. Le ragioni per le quali gli allenatori sono ancora così orientati verso l’insegnamento che si avvale quasi esclusivamente dell’apprendimento di tipo effettorio o esecutivo, che non stimola l’apprendimento di tipo precettivo e decisionale sono molteplici.

In primo luogo, l’insegnamento di tipo esecutivo è più semplice da comprendere dall’allenatore e quindi più facilmente proponibile, misurabile e valutabile che non altri aspetti del gioco, quali la visione di gioco, la capacità di anticipazione, la capacità di prendere rapidamente corrette, la capacità di adattamento e tanto altro. In secondo luogo perché nella maggior parte delle nostre società l’allenamento di calcio è ancora suddivo in: parte introduttiva, esercitazioni tecniche, giochi a ranghi ridotti e partita finale a tutto campo. In questo modo il giocatore, dopo l’esercitazione isolata, frequentemente non riesce ad applicare il gesto tecnico nel contesto globale del gioco 11 11. Manca il transfer tra esercitazione ed imparare, cioè tra la conoscenza del gesto e la competenza funzionale dello stesso gesto in gara.

Ci rendiamo conto che non è facile abbandonare un’abitudine così a lungo ripetuta e così profondamente radicata. Ciò è un primo grosso impedimento da parte degli allenatori per considerare altre alternative di allenamento. Questa errata interpretazione di fondo dell’allenamento è riscontrabile sia a livello di colore che lavorano con il settore giovanile e sia a livelli degli allenatori che lavorano con la prima squadra. Aggiungo che tuttora la maggioranza degli allenatori è convinta che una partita non sia da affrontare fintantoché una esercitazione prolungata ed intensiva in termini di tecnica non abbia garantito un buon livello di base. Il frequente modo di dire: “devi essere capace di fare bene questo gesto prima che tu possa giocare una partita” ne è la prova. Anche se è legittimo che i nostri allenatori si pongano il questito: “Come si può giocare a calcio senza conoscere le tecniche fondamentali del dribbling, del calciare la palla, del colpire di testa, della disposizione in campo?”. Occorre maggior enfasi negli aspetti fondamentali collegati alle situazionalità e quindi alla strategia del gioco.

Non sto a negare l’importanza dei requisiti tecnici dei calciatori o della disposizione di base ma intendo sottolineare che per apprendere a giocare è necessario parallelamente comprendere il gioco nella sua richiesta in termini di adattabilità alle situazioni e quindi di comprensione delle stesse. Ritengo che in questi ultimi anni sia iniziato nel calcio un cambiamento di prospettiva dei metodi di allenamento e il numero di “giocatori pensanti” è aumentato, ma raggiungerà una soddisfacente percentuale solo quando ulteriori e più radicali cambiamenti saranno accordati nel ristrutturare le competizioni ufficiali comprese nelle fasce d’età tra i 7 e i 13 anni. Gli allenatori devono rendersi conto che un metodo di allenamento che fallisce nel riconoscere l’importanza del processo decisionale (del giocatore), la capacità di visione di gioco, l’abilità di adattarsi alle sempre mutevoli situazioni di gioco e che considera solo marginalmente il coinvolgimento emotivo dei giocatori è ormai superato. È necessario che gli allenatori compiano uno sforzo continuo nel rivedere il modo di insegnare. Durante le sedute di allenamento, tutto deve essere posto spesso a confronto attraverso giochi semplificati, giochi modificato o adattati in modo che ognuno possa guadagnare preziose esperienze tattico/tecniche (chiedersi perché ho detto prima tattico e poi tecniche).

Mentre si eseguono questi giochi che riproducono e isolano le situazioni più importanti della competizione, i giocatori hanno tempo di esplorare e comprendere tutti i suoi principi, concetti e problemi. Essi sono guidati dall’allenatore ad essere consapevoli dei più piccoli dettagli e sono incoraggiati a prendere continuamente le loro piccole decisioni su cosa fare, quando e come di conseguenza ne capiscono il perché.

Redazione Vasport – redazione@vasport.it                                       

News più lette settimanali