Una cinquantina di presenze in biancorosso per il difensore marchigiano. Dopo la laurea in Ingegneria informatica si è allontanato dal calcio dedicandosi al lavoro
Calcio. Calcio e studio. Studio. Laurea. Ciao calcio. Lavoro, tanto lavoro. Andrea Ciotti dopo essersi tolto belle soddisfazioni da calciatore negli ultimi anni si è realizzato anche in ambito lavorativo. Dopo gli anni tra professionismo e D ha intensificato gli studi conseguendo brillantemente la laurea in Ingegneria informatica e oggi, a trentacinque anni, è responsabile in una ditta sambenedettese, per il settore informatico.
Con lui abbiamo parlato un po’ del suo presente e soprattutto il suo passato con la maglia della Pro Vasto con la quale in tre stagioni ha conquistato uno storico ‘doblete’ campionato e scudetto (2008/2009), raggiungimento dei playoff (2005/2006) e una salvezza tranquilla (2009/10).
Andrea Ciotti, giorni
difficili per tutti gli italiani, come stai vivendo queste lunghe settimane
dominate dal Coronavirus? “Si naviga
a vista, per fortuna c’è il lavoro a riempire le mie giornate ma, non è più un
mistero, questo virus ha stravolto di parecchio gran parte della nostra
quotidianità. La speranza è che tutti continuino a seguire le linee guida, solo
così potremo tornare ad avvicinarti alla normalità di prima”.
Il lavoro nel settore
informatico dopo esserti brillantemente laureato, il calcio è passato in
secondo piano? “L’ultimo pallone
credo di averlo toccato sei anni fa se non ricordo male. La passione per il
calcio mi ha accompagnato per tanti anni della mia vita, mi sono divertito
parecchio ma farlo coesistere insieme alle tante ore lavorative. Negli ultimi
anni quando giocavo in Eccellenza mi dividevo con lo studio ma ero agli
sgoccioli con l’università, poi una volta laureatomi non ho avuto alcun dubbio
su quale strada intraprendere. Anche perché ora sono stabile nelle Marche ma
negli anni scorsi per lavoro ho girato tanto tra Italia e Europa”.
Una passione che ti
ha accompagnato a lungo, poi non ti è pesato appendere le scarpette al chiodo? “Quando si è giovani calciatori, sin da
bambino, il sogno è quello di arrivare il più in alto possibile e togliersi
tante soddisfazioni. Io ci ho provato, qualcosina ho fatto ma mi ero sempre
prefisso un bivio, ai 25 anni avrei dovuto capire chi ero e dove ero nel mondo
del calcio. Ho fatto i miei ragionamenti, studio e lavoro da quel momento in
poi dovevano avere la precedenza, dovevo iniziare a costruirmi un futuro anche
senza calcio”.
Con la Pro Vasto il
primo abbraccio nel 2005/2006, cosa ricordi di quella stagione? “Arrivavo dopo l’esperienza con l’Ancona. Poco
più che vent’enne ma era una squadra composta da tanti giovani come me. Molti di
loro sono arrivati in alto a conferma del valore di quella rosa. Fu una
splendida stagione, in campo, ribaltammo le aspettative con prestazioni
pazzesche, in pochi scommettevano su di noi. Fuori dal rettangolo di gioco
eravamo davvero un bel gruppo, spogliatoio unito e tanta voglia di fare sempre
bene”.
C2 e D tra Rende e
Centobuchi, poi di nuovo Vasto? “Sì,
Pino Di Meo dopo aver conosciuto come compagno di squadra nella mia prima
esperienza vastese mi chiamò di nuovo anche se lui ormai era diventato
allenatore della Pro Vasto. Mi conosceva, sapeva quale contributo avrei potuto
dare”.
Stagione 2008/2009,
quella di una cavalcata, quell’anno avete vinto tutto? “Dalla sfiducia d’inizio stagione all’apoteosi finale. In mezzo tanti
sacrifici di un gruppo che ci ha sempre creduto anche quando attorno a noi si
parlava d’altro. Dieci vittorie consecutive non arrivano per caso, l’indimenticabile
domenica di Tolentino e poi la ciliegina sulla torta con la vittoria dello
Scudetto di Serie D: con quella Pro Vasto abbiamo scritto davvero una bella
storia”.
Uno di quelli rimasti
anche nella stagione successiva, oltre la salvezza si poteva fare di più? “Vincere non è mai facile ma ancor più
complicato è il doversi confermare. L’incredibile filotto di successi della
stagione precedente aveva alzato di molto le aspettative su una squadra che in
estate aveva piazzato anche qualche colpo importante. In realtà c’erano nuovi
meccanismi da rodare e ricordo anche un inizio da parte nostra davvero
sfortunato. Le prime due sconfitte interne non aiutarono, diciamo che fu una
stagione particolare, peccato poi per come andarono le cose in quell’estate. Un
dispiacere soprattutto per una piazza che amava quella maglia”.
Tre stagioni non sono poche, porti dentro pensieri positivi di quell’esperienza? “Gli anni a Vasto rappresentano una grossa fetta dei miei anni tra professionismo e semiprofessionismo, sono solo ricordi positivi. Ci sono amicizie che si reggono ancora oggi, quando passo da quelle parti mi fermo con molto piacere. Mi è anche capitato di incontrare il presidente Crisci, l’ho avuto in tutti e tre gli anni, uomo perbene, con lui mi sono sempre trovato bene”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it