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Armando Vallario: viaggio nella metodologia di allenamento dal settore giovanile al calcio professionistico

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In questa nuova rubrica di Vasport, abbiamo l’onore di ospitare un tecnico di grande esperienza e prestigio, Armando Vallario, figura di riferimento per i settori giovanili e il calcio professionistico. Con un curriculum che vanta ruoli di spicco come Istruttore Nazionale delle Scuole Calcio per il Parma, Allenatore in 2° del Latina Calcio e Collaboratore Tecnico del Bologna, Vallario ha dedicato gran parte della sua carriera alla crescita e alla formazione di giovani talenti.

Durante questa prima parte di intervista, ci siamo concentrati su aspetti molto tecnici, cercando di capire meglio la sua metodologia di allenamento, che spazia dai ragazzi alle prime armi fino agli adulti che competono ad alti livelli. Il mister ci ha raccontato come, in ogni fase della crescita calcistica, sia fondamentale personalizzare il lavoro sul campo, tenendo conto delle esigenze fisiche, tecniche e psicologiche di ciascun atleta.

Oggi si parla di cervello inconscio, come interviene negli allenamenti?

Ho avuto un incontro con il professore Giacomo Rizzolati direttore della cattedra di Neuroscienze a Parma ( professore di mia figlia laureata in Scienza motorie a Parma ), quello che nel 2000 ha scoperto i ” neuroni specchio” e ho notato che quando il gioco del calcio diventa “intenso”, bisogna “accelerare”, siamo costretti in campo ad agire con urgenza e in quel caso e’ il nostro cervello inconscio che prende il pieno controllo delle nostre azioni, e’ lui che prende le decisioni e la presa di coscienza e l’analisi di cio’ che abbiamo fatto avviene solo dopo. Il nostro cervello inconscio ha la capacita’ di imparare e nessuno puo’ sapere in una situazione di apprendimento, nemmeno l’esecutore che cosa trattiene davvero in memoria. Il talento non e’ niente di miracoloso, e’ solo una super competenza derivante dal “lavoro“.

Come apprende il nostro cervello?

Ogni movimento che noi incominciamo a praticare crea dei collegamenti o ponti specifici tra i vari neuroni che vengono chiamati “sinapsi”. Quanto piu’ un movimento viene ripetuto, tanto piu’ queste sinapsi si rinforzano e vanno a creare memorie a lungo termine. Per apprendere nuove abilita’ dobbiamo di fatto poter “sbagliare”! Il nostro Sistema Nervoso per poter imparare ha la necessita’ di poter commettere errori. Ci sono stati dei campioni sportivi tipo Michael Jordan, David Beckam, Jean Papin che hanno fallito ripetutamente, hanno sbagliato un sacco di volte prima di raggiungere lo scopo tattico/tecnico e il successo.

Quindi piu’ ci sono sinapsi e piu’ c’e’ qualita’?

L’alto numero di sinapsi consente al giocatore una speciale e unica capacita’ di ragionamento anche nel capire cosa potrebbe pensare l’avversario e quindi contributo per la Capacita’ di Anticipazione perche’ il calcio e’ interessante quando usiamo al nostra “intelligenza”: la sfida tra due squadre e’ piu’ sul piano dell’intelligenza e dell’astuzia che del confronto fisico mentre negli allenamenti sia vede spesso che i giocatori vengono messi sullo stesso livello di capacita’degli animali. E’ molto triste partite ( troppe ) dove l’obiettivo e’ quello di fare il maggior numero di passaggi stabiliti a priori. Allenatori e preparatori atletici fanno spesso lavorare i loro giocatori come se avessero a che fare con atleti equipaggiati di solo buoni muscoli ma senza il cervello, come se addestrassero degli animali. In una attivita’ motoria che implica delle scelte, come il calcio, non esistono certezze, ma solo probabilita’ di esatte interpretazioni ( del giocatore e non dell’allenatore ) ed ecco spiegata l’alta frequenza degli errori.Nel calcio l’unica certezza e’ l’incertezza e purtroppo non si vede sollecitata e allenata.

Come si impara a “leggere” i dettagli?

Nel calcio l’apprendimento avviene solo confrontandosi molto spesso con questi 1<1 e cambiando spesso avversario. Anche nell’1<1 tra attaccante e portiere devono imparare a leggere i messaggi del corpo e decifrare i movimenti. Per i portieri servono attaccanti veri e non un volenteroso allenatore dei portieri che si improvvisa attaccante. In allenamento bisogna creare il giusto livello di tensione emotiva determinato dalla paura di farsi male o di sbagliare perdendo la sfida. Non e’ certo di fronte ad una sagoma o a dei birilli di plastica che si puo’ imparare qualcosa di utile per saper dribblare.

Come si puo’ trasformare un giocatore medio in un giocatore esperto?

Senza alcuna imposizione sul COME fare ma con tante ore di confronto con realta’ diverse, con sfide ripetute con l’obbligo di vincerle sfruttando al meglio le proprie qualita’ senza preoccuparsi dei propri difetti. Nessuno a cercato di migliorare il VO2 max dei leoni, le resistenza “lattacida” del ghepardo, la coordinazione dl pipistrello, la visione dell’aquila, la flessibilita’ della iena ma sono diventati esperti da soli per la necessita’ di mangiare e di sopravvivere. L’imperatore romano Adriano amava dire ai suoi soldati in battaglia: “Usate le vostre qualita’ prima di preoccuparvi dei vostri difetti”. Nel calcio tutti i gesti specifici, molto frequenti e necessari, per giocare, verrano perfezionati e migliorati solo in situazioni reali e simili di gara cioe’ giocando con obiettivi dove tutti i tipi di guida, passaggi e controlli, difesa della palla, tiri in porta e dribbling dovranno esser effettuati al momento giusto seguendo il principio che il perche’ viene prima del come.

Le caratteristiche del gioco del calcio

Il calcio non e’ uno sport di prestazione come l’atletica, la ginnastica, i tuffi, il sollevamento pesi, ecc. dove l’atleta deve eseguire di movimenti precisi per avere successo, la durata della “prestazione” e’ molto breve, le loro competizioni sono intervallate da lunghi periodo di sosta, una partita di calcio dura 90′, viene ripetuta ogni settimana, si protrae per molti mesi e per tali motivi negli allenamenti del calcio non bisogna far riferimento alla tipologia degli allenamenti degli sport di “prestazione” perche’ non rispecchiano il modello prestativo specifico del Gioco del Calcio. Il calcio e’ uno sport di opposizione e di scelte perche’ i problemi da risolvere non sono mai uguali e conosciuti in anticipo perche’ l’avversario da persona intelligente non te li anticipa mai anzi si comporta da bugiardo. E’ uno sport dove la qualita’ e la rapidita’ delle scelte sono fondamentali per il successo. Fare un passaggio lo rende inutile se non sai perche’ lo stai facendo. Tirare in porta puo’ andare bene ma l’obiettivo ideale e’ quello di far goal. Se si vuole creare difficolta’ nell’avversario bisogna costringerlo a giocare nell’urgenza cioe’ ad eseguire giocate ad alta velocita’.

L’allenatore deve ascoltare i consigli degli altri?

L’allenatore non deve farsi impressionare da tutte quelle persone che gravitano a vario titolo nell’ambito calcistico, spesso per un tornaconto personale, che non hanno nessuna reale competenza, che potrebbero fargli commettere gravi errori e che in caso di sconfitta non rischiano nulla. L’allenatore deve assumere il doppio ruolo di tecnico e preparatore per allenare la propria squadra a giocare piu’ con il cervello che con i soli muscoli: anche il torero ( 60 kg ) quasi sempre vince contro i muscoli del toro ( 600 kg ). Il medico non crea le medicine ma deve conoscere bene sia i vantaggi che gli inconvenienti dei farmaci ( allenamenti ).

A cosa servono le partite su campi di diverse dimensioni?

Il gioco 11<11 non garantisce un livello di preparazione fisiologica in grado di mettere i giocatori in condizione di giocare senza cedimenti perche’ intensita’ e frequenza saranno in genere su livelli molto bassi.ci sono 22 giocatori che si contendono un solo pallone per un’ora scarsa di gioco perche’ su 90′ ci sono al massimo 55′ di gioco effettivo ed ogni giocatore entra in contatto con la palla mediamente per 3′ per 50 volte quindi per un tempo totale medio di 2′ 30”. Durante una partita di calcio attorno alla palla possono esser coinvolti in una azione, in media 6 gg ( attaccanti e difensori ) significa che ogni giocatore su 55′ di gioco effettivo sara’coinvolto in un’azione “d’urgenza” ( ad alta intensita’ ) per 15′ di impegno totale ( 55′ diviso 22 gg moltiplicato per 6 gg = 15′ ) che rappresenta il 27% del tempo reale di gioco. Quindi non e’ con la formula 11<11 con un solo pallone che possiamo far apprendere gli aspetti del “saper giocare” con “urgenza e in emergenza”. Con la palla toccata ogni 3″ in un torneo di gioco ridotto 3<3 con la formula di promozione/retrocessione, su 6/7 partite ogni giocatore tocchera’ in media 140 volte la palla, cioe’ quasi 3 volte in piu’ rispetto ad una partita 11<11 e sara’ coinvolto in azioni difensive ed offensive al 100%, il rendimento quindi non e’ lo stesso, ma molto migliore.

Come si allena la condizione fisica dei giocatori?

Madre Natura non ha previsto per i predatori ( leoni, tigri, ghepardi ecc ) la necessita’ di un allenamento fisico per poter “cacciare” e per quale motivo l’essere umano che e’ provvisto di fibre muscolari simili in quanto mammifero dovrebbe avere la necessita?. Perche’ i leoni non si riscaldano, non si allenano con i pesi, non fanno esercizi di stretching, non cercano di aumentare il loro VO2max e tuttavia non sono soggetti a traumi muscolari come strappi o elongazioni? Nel cosidetto “calcio della strada” giocavamo tutti i giorni e per molte ore senza fare mai una …. preparazione specifica, senza percezione di stanchezza e senza infortuni. In molti allenatori permane ancora la credenza che per stimolare un effetto fisiologico sull’organismo di un giocatore si debba per forza “dissociare” il lavoro “fisico/atletico” da quello tecnico/tattico cioe’ che sia indispensabile lavorare “a secco”. E’ una visione dualistica del “mondo”, retaggio inconscio della filosofia di Rene’ Descartes in arte Cartesio, mentre l’apprendimento e la sposa la globalita’ e la complessita’ cioe’ l’intervento “olistico”. La parte fisiologica della seduta, cioe’ la cosidetta “preparazione fisica” all’attivita’ calcistica-agonistica, potra’ quindi essere ottenuta, come fanno gli animali di cui abbiamo parlato, attraverso varie forme di gioco e di situazioni tattico/tecniche. Non esiste a tutt’oggi alcun studio scientifico attendibile che abbia dimostrato la maggiore efficacia di un lavoro “a secco”. L’esperienza dell’allenatore e il tanto denigrato “occhiometro” non sarebbero sufficienti per valutare il livello di intensita’ fisiologica delle azioni dei giocatori? Se cosi non fosse l’allenatore dovrebbe seriamente pensare di cambiare sport! Tutto il tempo che si perde in quelle esercitazioni fisico/atletiche decontestualizzate sarebbe da utilizzare in un lavoro sui gesti tecnici che spesso sono decisivi in una partita di calcio: tiri al volo, la rovesciata, i lanci lunghi, il tiro da lontano, l’1<1 con il portiere. l’intervento in scivolata e le situazioni di palla inattive, ecc… Per esempio, nessun lavoro sulla velocita’ migliora la velocita’, meglio non affidarsi a teorie di fantasia. E’ la maggior percentuale di fibre bianche veloci rispetto alle fibre rosse piu’ lente dei muscoli che influenza la velocita’ di corsa e cio’ dipende dal patrimonio genetico e non dal lavoro specifico. Nessun allenatore puo’ trasformare un maratoneta in un centrometrista, dato che con l’allenamento non possiamo trasformare le fibre rosse cioe’ quelle a lenta contrazione in fibre bianche a rapida contrazione. Inoltre sfortunatamente, l’efficacia della contrazione muscolare diminuisce con l’eta’.

Un appuntamento da non perdere per tutti gli appassionati di calcio, curiosi di scoprire come si formano i campioni del futuro! Vi aspettiamo la prossima settimana per la seconda parte

Michele Cappa, classe 1971, vastese, è titolare dell’agenzia di comunicazione Cquadro, appassionato di sport e giornalismo sportivo, ha collaborato per diverse testate giornalistiche locali e regionali, tra cui: TRSP, Radio Agorà,Radio Studio 99, TV2000, Delta 1, Telemax, Vastonline, Il Nuovo Molise e dal 2017 scrive per Vasport.it, sito di informazione sportiva locale ( di cui è anche editore ), dove cura la seguitissima rubrica “Amarcord”

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