Il difensore pugliese,
in biancorosso, tra il 2002 e il 2007 ha anche indossato la fascia da capitano.
Oggi gioca in Eccellenza pugliese con il San Marco in Lamis
Calcio e lavoro, per Ivano Ciano è sempre questione di campo. Per tanti anni il rettangolo verde è stato il suo habitat naturale, a questo da qualche anno ha anche aggiunto un’occupazione lontana dal calcio curando l’attività agricola di famiglia.
Sempre fedele a Carapelle, (paese di 7000 abitanti vicino Foggia) dov’è nato e oggi vive con sua moglie Michela, continua a divertirsi con grande impegno come calciatore negli allettanti campionati pugliesi. A quasi 37 anni (li compirà a maggio), come vedremo, non ha voglia di mollare visto che parliamo di un jolly difensivo con alle spalle qualcosa come quasi 200 presenze in C2, 220 in D e oltre 100 tra Promozione ed Eccellenza. In questa stagione ha detto sì al San Marco ultimo nel massimo campionato regionale pugliese ma ancora in piena corsa salvezza prima dello stop a causa dell’emergenza Coronavirus.
Ciano però rappresenta una splendida storia da racconta a tinte biancorosse, quella della Pro Vasto con la quale tra D e C2 ha affrontato ben 5 stagioni totalizzando oltre 150 presenze diventandone anche capitano. Con lui un tuffo nel passato, i tanti compagni di qualità e grinta con cui ha condiviso gioie e qualche delusione. Ricordi indelebili, un altro di quelli che alla Pro Vasto ha dato tantissimo.
Ivano Ciano, giorni
difficili per l’Italia da qualunque prospettiva la si guardi, dall’alto della
tua esperienza, soprattutto nel dilettantismo il calcio ripartirà in questa
stagione? “Per quello che guardiamo e
leggiamo in momenti come questi vien difficile pensare prima al calcio, l’Italia
ha ben altre priorità. Prima o poi si ripartirà, difficile però dire quando,
ora dobbiamo restare tutti a casa e sperare che il Coronavirus venga debellato.
Nel dilettantismo non sarà facile ripartire come prima, questo periodo di
inattività darà una ‘botta’ importante a livello economico a tante aziende,
quelle che aiutano le squadre ad andare avanti. Ecco perché più che all’immediato
presente i problemi per molte società saranno per la prossima stagione”.
Un presente difficile
per tutti gli italiani ma con te proviamo a riportare a galla gli anni della
Pro Vasto, dal 2002 al 2007 cosa hanno rappresentato i colori biancorossi? “In assoluto gli anni più belli della mia
carriera. Quelli che mi hanno formato, la Pro Vasto è ancora oggi nel mio
cuore, con quella maglia ho trascorso momenti indimenticabili, positivi e,
purtroppo, anche quelli meno belli. Sono arrivato da giovane diciannovenne e ho
avuto la fortuna di crescere tanto, grazie all’aiuto di allenatore e compagni
diventandone anche capitano. Per me è stato e ancora oggi resta un onore”.
Capitano nonostante
la giovane età, perché la scelta cadde su di te? “Ero giovane ma già da diversi anni a Vasto, ero vicecapitano ma la
scelta coraggiosa fu fatta da mister Trillini. Decise di mettere fuori rosa Di
Meo allora capitano e di conseguenza la fascia passò a me”.
5 stagioni e
tantissimi compagni d’avventura, se dovessi scegliere quello che ti ha colpito
di più? “La lista sarebbe lunga, ho
avuto la fortuna di far parte di rose con tanto spessore e qualità, tra esperti
e giovani. Quello che mi colpì di più fu Fiorenzo D’Ainzara, mamma mia ragazzi
che talento, non era al top della forma ma tra allenamenti e partite gli ho
visto fare robe incredibili. Una tecnica pazzesca”.
Restando nel parco
offensivo in quelle stagioni la Pro Vasto ha sempre avuto elementi di livello,
una lista lunga? “Lunghissima,
davanti siamo sempre stati in ottime mani. Penso ai vari Innocenti, Morante,
Marcucci, Caliano, Sibilli e Manco, gente che in quegli anni era un lusso per
le categorie in cui giocavano”.
Tecnici ma anche
quelli con grinta ed esperienza? “I
vari Di Meo, Antic, Daleno e lo stesso Innocenti, gente che ti trascinava ogni
domenica e anche durante gli allenamenti, io ero giovane ma in quegli anni da
loro appresi molto”.
A distanza di anni
ancora in campo da giocatore, tu e non solo? “Ci divertiamo ancora, penso al mio amico Alessandro Bruno ancora in B
a Pescara. Con lui c’è un grande rapporto, sono stato anche al suo matrimonio a
Vasto. Biagianti e Cazzola in C con Catania e Virtus Verona e come me in
Eccellenza un altro mio splendido compagno d’avventure come Nando Giuliano”.
Dei quattro citati Giuliano
guida ancora col piglio da leader la Virtus Cupello, all’inizio degli anni 2000
eravate due giovani di belle speranze? “Che
bei ricordi con Nando. Un altro di quelli davvero forti, due anni più grande di
me ma già da giovane si vedeva che aveva qualcosa in più degli altri. Si è
imposto anche in B togliendosi belle soddisfazioni, è sempre stato se stesso,
quella è stata la sua vera forza, magari se avesse cambiato atteggiamento in
campo avrebbe potuto rendere anche meno”.
Quando gli anni sono
più vicini ai 40 che ai 30 cosa vi spinge ancora a lottare in campo? “Io come Nando facciamo parte della
generazione della strada, è pericolosa inutile nasconderlo ma aiuta a formarti.
Le difficoltà aumentano, non si è più ragazzini, non si è più solo calciatori
spensierati ma famiglia e lavoro impongono altri obblighi. Questo però, almeno
per me, mi sprona ancora a dare il massimo negli allenamenti e la domenica, il
calcio mi diverte ancora”.
Hai parlato di tanti
compagni ma nel tuo percorso hai incrociato Vincenzo Cosco, quanto ti ha
aiutato? “Una presenza decisiva nella
mia carriera, con lui un anno e mezzo che non potrò mai scordare. Sempre stato
un vero guerriero, allenatore preparato e uomo di spessore incredibile. Ero under
ma mi ha sempre dato tanta fiducia, ero il suo ‘giovane vecchio’ “.
Nei giorni scorsi con
Daleno abbiamo ricordato la gioia della promozione dopo il playoff vinto,
insieme a Morante i playoff persi a Rende, a te tocca l’episodio amarissimo del
2007 a Celano, quanto fece male quella retrocessione? “Nel calcio bisogna accettare gioie e cocenti delusioni, fanno parte
del gioco. Quella resta una pagina triste e dura, ricordo i 1000 vastesi sugli
spalti, ci diedero grande carica. Avevamo solo la vittoria come risultato utile
per la salvezza dopo il pari all’Aragona. Andammo sotto, poi io di piatto
trovai il pari e Mignogna il gol del sorpasso. Eravamo vicinissima alla
salvezza ma all’ultimo secondo l’atroce beffa. Un epilogo atroce, quella fu una
stagione condizionata da tanti problemi, Biagianti andò via a gennaio ma in
quell’ultima partita lottammo fino alla fine ma purtroppo non bastò”.
5 stagioni con una
maglia non sono poche, cosa ti spingeva ogni estate a dire sempre sì alla Pro
Vasto? “Una piazza che mi ha sempre
voluto bene, l’habitat naturale. Carapelle non era lontana e la domenica
tornavo sempre giù e durante la settimana avevo anche la fortuna di poter stare
con quello che ora è il mio attuale cognato visto che lavorava a San Salvo. La famiglia
quindi era molto vicina ma anche con i compagni di squadra l’intesa dentro e
fuori il campo è sempre stata perfetta”.
C’è stata la
possibilità di andare davvero via in quegli anni da Vasto? “Le chiamate per fortuna arrivavano, andai
oltre un mese in prova all’Ascoli con la possibilità di trovare spazio in Serie
B. Non si concretizzò ma non ho rimpianti, anche quello è un bel ricordo, lì
allenava Giampaolo e al suo fianco c’era mister Silva oggi allenatore della
Vastese e anche lì imparai molto, nonostante il poco tempo trascorso in
biancorosso”.
Oggi sei l’esperto
del gruppo, ti rivedi nei giovani d’oggi? “Sono radicalmente cambiate le abitudini, per me ancora oggi il calcio
è una droga, in questi giorni, anche stando a casa continuo ad allenarmi. Noi da
giovani avevamo ben inculcata la cultura del sacrificio, si lavorava sulla
forza fisica e mentale. Oggi mancano le basi, con due ore di scuola calcio a
settimana fai ben poco”.
Hai detto che in
campo ti diverti ancora, come sta andando con il San Marco? “In classifica l’ultimo posto non ci
soddisfa ma prima dello stop eravamo ancora in piena corsa salvezza. A dicembre
non nego che ono arrivate offerte da squadre in lotta per vincere il campionato
ma a San Marco in Lamis mi trovo benissimo. Una società seria, vicino casa,
riesco a conciliare calcio e lavoro, sono stato ben felice di restare”.
Quando saluterai il calcio abbandonerai definitivamente questo modo o ti piacerebbe continuare? “Come ho già detto mi alleno ancora al massimo e ho ancora tanta voglia nonostante i quasi 37 anni. Prima o poi però anche io dovrò smettere, a quel punto sarebbe bello allenare i giovani calciatori della zona e magari provare a trasmettere loro la mia voglia e soprattutto la cultura del sacrificio, quella che serve per togliersi soddisfazioni nello sport e nella vita”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it