Capitano di ferro con
i biancorossi nella stagione 2003/2004. Specialista nelle promozioni dalla D
oggi è un attivo procuratore con l’abilitazione anche per la federazione
spagnola
Quando distribuivano personalità e carisma Ermanno Cordua era non solo in fila ma anche davanti nei primissimi posti. In campo nei suoi vent’anni di carriera in Serie D lo ha dimostrato con i fatti e non solo per le 400 (più o meno), vissute quasi tutte da protagonista. Di queste oltre 50 con la maglia di quella Pro Vasto che brindò, con lui capitano, al ritorno nei professionisti nel 2004. Era uno del blocco granitico, se così vogliamo chiamarlo, composto dai vari Daleno, Innocenti, Gioffrè ed Antic, i non vastesi di quel gruppo che sentirono forte il senso di appartenenza verso una piazza che ancora oggi li ricorda come se non fossero mai andati via.
Parliamo di un vero e proprio “mister promozioni”, da Vasto in poi ne infilò altre tre consecutive (Marcianise, Sorrento e Scafatese) senza dimenticare le altre due tra Nocerina e Campobasso. 6 in totale, tutte dalla D alla C. Nel 2013 dopo l’esperienza con il Taranto (dove vive da due anni insieme a sua moglie Annarita) ha deciso di appendere le scarpette al chiodo iniziando la nuova vita da procuratore. Altro percorso in grande ascesa, da agente sportivo nel luglio scorso ha ricevuto anche l’abilità per operare in Spagna. Professione che lo vede girare parecchio l’Europa (e non solo) per andare a caccia di talenti, già da giocatore capiva subito la caratura dei compagni, ecco perché, anche oggi, sa su quali giovani puntare.
Ermanno Cordua, la
vita da agente di calciatori ti vede spesso e volentieri in giro per l’Europa,
da oltre un mese però sei stabile a Taranto a causa del Coronavirus? “Ci tocca, una regola ferrea che tutti
dobbiamo seguire. Per fortuna la tecnologia aiuta a mantenere vivi i rapporti
lavorativi ma per me questo è un periodo fortunato. Non capita spesso di stare
tutti questi giorni a casa, quattro mesi fa mia moglie Annarita ha dato alla
luce Olga, la nostra primogenita, ce la stiamo godendo ventiquattro ore su
ventiquattro, sono bellissime emozioni”.
Ricordandoti da
giocatore qualcuno ti avrebbe visto in campo come allenatore, invece hai scelto
un’altra strada, perché la scelta di diventare agente? “Già da giocatore in età ormai esperta aiutavo i miei compagni non solo
nel trovare squadra ma anche con consigli su come muoversi nei discorsi
economici con le società. Posso fare l’esempio di Innocenti, a lui dicevo
sempre, “se ogni anno segni almeno 20 gol sarai tu a fare il tuo prezzo con le
società, non il contrario” “.
Innocenti, uno dei
tuoi compagni nell’avventura vastese, addirittura due anni più anziano di te ma
a 45 gioca, segna e si diverte ancora in D, ha trovato l’elisir di lunga vita? “Riccardo è un highlander, un professionista
allucinante, devono essere contenti i suoi giovani compagni di squadra,
lavorano con uno splendido esempio. Un maniacale in tutto, dall’alimentazione
al lavoro sul campo, giocatore pazzesco”.
Voi due insieme a
Daleno, Gioffrè ed Antic avete formato lo zoccolo duro di quella memorabile
stagione nel 2003/2004, siete stati l’arma in più? “In 5 non saremmo potuti andare da nessuna parte. Eravamo quelli con
più esperienza ma le vittorie si costruiscono tutti insieme, se giocatori,
staff tecnico, dirigenti, tifosi e voglio mettere anche la stampa, non seguono
tutti la stessa direzione è difficile festeggiare qualcosa di importante a fine
stagione”.
Tu come tanti
arrivati durante la “rivoluzione” del novembre 2002, perché la scelta di
accettare la Pro Vasto?“Gran parte
dei meriti li devo al mio grande amico Carmelino Gioffrè, ci conoscevamo dai
tempi della Reggina quando lui era in prima squadra e io nella Primavera. Quando
accettò Vasto fece subito il mio nome e decisero di dargli retta”.
Una stagione che vi
aveva visti andare già vicini alla vittoria del playoff, la successiva nacque
dalla voglia di riscatto? “Partita
strana quella di Tolentino, ricordo che feci anche un gran gol al volo ma non
bastò. Anche il pari ci andava bene ma perdemmo uscendo di scena con parecchio
amaro in bocca. Per fortuna oltre alcuni giocatori la società confermò il
nostro grande condottiero e tutti insieme riuscimmo a scrivere una pagina
importante per il calcio vastese”.
Quel grande
condottiero ha un nome e cognome, Vincenzo Cosco, giusto? “Un uomo speciale, un allenatore preparato
come pochi incontrati nella mia carriera. A lui mi legano splendidi ricordi,
aveva dei dvd con tutti i gol di quelle due stagioni, ci saremmo dovuti di
nuovo incontrare ma poi tutto sanno com’è andata. Lo porterò sempre nel mio
cuore”.
In quegli anni tutti
scelti dal direttore sportivo Pino De Filippis, siete ancora in contatto? “Certo, ci sentiamo spesso. Altra figura
fondamentale in quegli anni, ha saputo scegliere i giocatori giusti per
arrivare a vincere, oggi è ancora nei professionisti a conferma delle sue
qualità”.
A Vasto qualcuno
ricorda del tuo feeling particolare con il presidente Litterio, avevate qualche
particolare aneddoto? “Che spettacolo
il mio rapporto con il grande ‘Don Camillo’, anche la sua scomparsa mi ha
parecchio colpito. Ci capivamo al volo, ci divertivamo, avevamo la scaramanzia
del suo capello, ogni fine partita ci abbracciavamo, se lo sfilava dalla sua
testa e lo faceva indossare a me. Ah, come non ricordare le sue chiamate
improvvise, mi voleva nel suo studio per chiacchierare io e lui, arrivavo e
trovavo tante persone in sala d’attesa ma non importava, il presidente voleva
prima parlare con me. Un personaggio genuino e fantastico”.
Allenatore,
direttore, presidente e tu capitano, in una piazza come Vasto come si ricopre
quel ruolo? “La fascia al braccio
richiede responsabilità, quelle dalle quali non mi sono mai tirato indietro, a
Vasto come in qualunque altra piazza. Nello spogliatoio mettevo subito in
chiaro tutto con delle regole che tutti dovevano seguire. Chi usciva fuori dal
seminato o veniva invitato a rimettersi in riga altrimenti parlavo con la
società per capire come comportarci. Ho avuto la fortuna di avere molti
compagni che in quell’anno la pensavano come me su molti aspetti, il mio
compito grazie a loro è stato facilitato”.
Molti dei tuoi
compagni nei giorni scorsi ci hanno raccontato le qualità, non solo calcistiche,
di quel gruppo, qual è stato il vostro segreto? “Eravamo un gruppo forte ma forte davvero, unito dal primo all’ultimo
giorno. Negli allenamenti e in partita sudavamo per la maglia, una frase tutt’altro
che campata per aria. Nel calcio i periodi difficili fanno parte del gioco,
arrivò qualche contestazione ma anche e soprattutto in quel momento mostrammo
tutta la nostra compattezza e alla fine tutti insieme regalammo una grande
gioia alla piazza biancorossa”.
Che ricordo hai dell’Aragona?
“L’ho detto prima, per vincere
bisogna avere anche l’apporto dei tifosi. Il pubblico vastese era fatto di
persone vere, di tutti ho un ottimo ricordo. La Curva D’Avalos coperta era da
brividi, sempre piena, colorata e calorosa, gioia per noi e terrore per gli
avversari”.
Oltre quello a Vasto
dalla D alla C hai brindato ad altre 5 promozioni, sei uno specialista? “Più vinci più aumentano personalità ed
autostima. Vi dirò di più, è stata proprio la vittoria con la Pro Vasto a darmi
quella mentalità vincente che ho provato sempre trasmettere ovunque io sia
andato. Un conto è andarci vicino alla vittoria, altra storia è vincere. Anche perché
dopo Vasto ho infilato altre tre vittorie di campionati consecutivi, un poker
di cui vado fiero”.
In totale sono 6 i
tuoi salti complessivi nel professionismo, tutti dalla D, che campionato è? “Il più difficile da vincere anche perché ci
sono gli under, un dettaglio da non trascurare. Nei gruppi che si costruiscono
non bastano solo i giocatori di grande valore, loro devono essere bravi la
domenica in campo ma poi conta la gestione nel quotidiano, soprattutto nell’indicare
la via ai giovani”.
Una stagione densa di
emozioni, trionfi e piacevoli ricordi, a distanza di 15 anni cosa ti è rimasto
di quell’esperienza? “I pianti miei e
dei miei compagni quando ci siamo salutati alla fine dell’ultima cena di
squadra dopo la vittoria dei playoff contro il Bojano. Sapevamo di aver portato
a casa l’obiettivo con tanti sacrifici stringendo forti rapporti che ancora
oggi durano. La piazza di Vasto mi ha dato tanto, un abbraccio virtuale a tutti
con grande affetto. In questo momento dobbiamo tutti restare uniti, teniamo
duro, con la forza che abbiamo noi italiani usciremo fuori alla grande anche da
questo momento delicato”.
In campo guida sicura
per i giovani, li analizzavi da compagno, ora ti tocca scovarli in giro per il
mondo, com’è cambiato il calciatore? “Manca
la personalità, in molti. Hanno tantissime qualità ma c’è meno fame rispetto a
prima perché è cambiato il mondo che li circonda. Non a caso negli ultimi anni
vengono fuori talenti da Croazia, Serbia e i Paesi dell’Est, lì si mastica
ancora il calcio di strada, per molti una fortuna”.
[flagallery gid=604 skin=flaslider align=center]
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it