Oggi proprietario di
uno stabilimento balneare a Francavilla al Mare, ma da giocatore per tre
stagioni protagonista con la Pro Vasto tra C2, Eccellenza e Serie D
Un centrocampista coi fiocchi. La Pro Vasto in epoche non lontane ma distinte ha avuto il piacere e la fortuna di avere alle proprie dipendenze quel Cristiano Di Tommaso, oggi, a cinquantuno anni, imprenditore nel settore turistico e della ristorazione a Francavilla al Mare ma con la maglia biancorossa protagonista in tre stagioni, tra il ’94 e il 2002. L’arrivo in C2 nella stagione di Scopelitti, poi il ritorno nel 2000 vincendo il campionato d’Eccellenza e centrando la salvezza in D nella successiva annata.
A Vasto in totale oltre 90 presenze ma parliamo di un elemento con quasi 200 presenze tra C1 e C2 senza dimenticare le oltre 130 in D. Aneddoti simpatici ma che raccontano la caratura di un giocatore e soprattutto un uomo che in quegli anni alla Pro Vasto fece solo un gran bene.
Cristiano Di Tommaso,
prima del calcio un passaggio sul fronte turistico e della ristorazione, i tuoi
campi da oltre vent’anni, come sta andando questa ‘Fase 2’?“Sono state settimane pesanti per tutti, le
difficoltà di certo non mancano ma per reagire positivamente è fondamentale non
arrendersi. Con il ristorante tra delivery e take away non mi sono mai fermato,
da lunedì abbiamo riaperto le nostre porte prestando molta attenzione alle nuove
indicazioni circa distanze e sanificazioni. Ripartiremo nei prossimi giorni
anche con gli ombreggi. Le risposte sono state incoraggianti, sono sempre stato
preciso sotto tutti i punti di vista, la qualità alla lunga paga sempre, chi
viene qui da me si sente al sicuro”.
Sicurezza nel lavoro
ma è stata quella che per tanti anni hai dato anche nel cuore del gioco, con la
Pro Vasto oltre 90 presenze, che ricordi hai? “Solo bei ricordi, una di quelle piazze che porto nel cuore ancora oggi
a distanza di tanti anni. Da abruzzese sai che ci sono realtà che da giocatore
devi vivere da protagonista, Vasto è una di quelle. La Curva d’Avalos da
brividi con un tifo spettacolare, lì ho ancora tanti amici, spero che un giorno
possa tornare nei professionisti”.
Partiamo dalla
stagione 1994/1995, una C2 dai due volti, come andò con l’allenatore Giacomini?
“Negli anni precedenti avevo giocato
diverse stagioni in C1 ma con Giacomini non si creò mai quella giusta alchimia.
Io e Augusto Gabriele avevamo lo stesso modo d’intendere il calcio, diverso però
da quello del mister e quindi ci capitava di seguire più le nostre idee. In
quegli anni viaggiavo sempre in macchina con Augusto e Vincenzo Menna ma un
giorno il mitico fisioterapista Scalingi mi disse che a fine allenamento sarei
dovuto andare con lui. Sapete dove mi porto? All’otorino, su indicazione di
Giacomini, pensava ci sentissi poco ma in realtà lo capivo benissimo…”.
Poi l’arrivo di
Petrelli, altra storia? “Quell’anno
se non sbaglio chiudemmo al sesto posto ma se ci fosse stato Petrelli da inizio
stagione ci saremmo giocati il campionato, ne sono più che convinto. Altra
categoria rispetto a chi lo aveva preceduto, un grande allenatore, riuscì ad
instaurare con tutti un ottimo feeling, l’anno dopo scelsi la D a Nardò perché
ero amico del presidente che viveva a Pescara ma il mister cerco di convincermi
in ogni modo ad andare con lui e restare nei professionisti”.
Vasto salutata nel
1995 e poi riabbracciata nel 2000, come mai? “Quell’anno in C2 mi ero trovato bene, conoscevo la piazza, avevo
capito che c’era tanta voglia di fare bene e mi importò poco scendere in
Eccellenza. Con me c’erano ancora Menna e Gabriele, proprio con Augusto i primi
giorni da parte di alcuni giovani compagni notavamo tante chiacchiere e poca
umiltà, inizialmente ci sorprese questa situazione. Poi però, da esperti del
gruppo, mettemmo tutti in riga e fu una stagione da incorniciare, campionato
vinto e salto in D ma io già a inizio stagione sapevo che sarebbe andata a
finire così…”
Cosa te lo faceva
pensare? “Al finire di quell’estate
ero entrato in trattativa per l’acquisto dello stabilimento balneare che ormai
gestisco da vent’anni. Il nome del lido allora come oggi è ‘Vittoria’, fu un
segno del destino, la trattativa con il vecchio proprietario andò a buon fine e
qualche mese più tardi vincemmo anche il campionato”.
Anche in quella
stagione due allenatori in panchina, cosa non andò con Vivarini? “Pagò inizialmente qualche risultato poco favorevole,
era alle prime esperienze ma già da allora si vedeva che aveva grandi qualità.
Un grandissimo professionista, con pieno merito è arrivato ad alti livelli”.
Poi arrivò Mimmo
Giacomarro, scelta giusta? “Un
fenomeno, all’epoca già sprecato per quella categoria. Era avanti di tanto
tanto tanto rispetto ad altri suoi colleghi, ora è in C ma secondo me avrebbe
meritato ben altri palcoscenici”.
Opera completata
l’anno successivo con la salvezza in D, furono gli anni del patron Litterio,
com’era il vostro rapporto? “Impossibile
non volergli bene, andavamo d’accordo, con me ha sempre rispettato i patti, un
vero signore”.
Per un periodo sei riuscito a far conciliare nuova avventura imprenditoriale e calcio, poi non ci sei più riuscito, ti piacerebbe tornare anche in quel mondo? “Amo il mio lavoro ma spreme tutte le ore della giornata perché con il tempo ho capito che qui la mia presenza è necessaria tutti i giorni. Quando ho appeso le scarpette al chiodo avevo anche provato ad allenare i più piccoli, mi piaceva ma poi non sono più riuscito a far coesistere i due percorsi. Un giorno, se sarà possibile, mi piacerebbe tornare a lavorare come allenatore nei settori giovanili, dal calcio mi sono allontanato parecchio ma credo che dopo il Coronavirus la crisi si ripercuoterà, purtroppo, anche su questo sport. Ecco perché sarà necessario puntare sui giovani cresciuti in casa, loro sono il futuro del calcio, solo così le società potranno continuare a reggere l’urto, magari non raccoglieranno successi nell’immediato ma sono sicuro che avranno un futuro radioso”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it