Con la Pro Vasto tre
stagioni per il terzino sinistro pescarese oggi massaggiatore sportivo dopo
aver già lavorato come allenatore tra prime squadre e settori giovanili
“Mamma mia quanto era grande il rettangolo di gioco dell’Aragona, su quella fascia quanti chilometri, a Vasto mi sono sentito giocatore”. Tre anni di fila non sono pochi, tutt’altro, soprattutto in età giovanile quando le distrazioni rischiano di essere controproducenti e portarti fuori strada.
Non è il caso di Mirko Fasciani, oggi trentottenne massaggiatore sportivo e chinesiologo, specializzazioni arrivate dopo la laurea in scienze motorie. Ha guardato oltre il calcio, dopo aver appeso le scarpette al chiodo si è messo in gioco anche come allenatore ma al suo futuro ha pensato bene continuando anche gli studi. Vive nella sua Pescara con moglie e figlie ma riavvolgendo il nastro a oltre vent’anni fa arrivava alla Pro Vasto da diciottenne. Un giovane promettente prelevato dal Pescara (nel pacchetto c’erano anche Berardi e Cichella) dove era fisso in Primavera oltre ad allenarsi con la prima squadra. Non solo il club della sua città ma un’altra importante esperienza negli anni degli Allievi avendo all’epoca come compagni i pari età classe 1981 Federico Balzaretti ed Emanuele Calaiò. A Vasto si ritagliò uno spazio importante, due stagioni D intervallate dalla vittoria del campionato d’Eccellenza nel 2001, più di ottanta presenze (nell’ultima stagione meno presenze per via dell’infortunio al menisco), ottimo ricordi di quelle annate e un po’ di rammarico per un treno che da Vasto avrebbe preso volentieri e che magari avrebbe potuto regalargli un altro tipo di carriera.
Mirko Fasciani, per
te la Pro Vasto è stata una storia lunga tre stagioni, avventura fondamentale
nella tua carriera da calciatore? “Non
solo per le dinamiche calcistiche ma anche umane. Il primo anno ho vissuto a
Vasto, ho conosciuto tanti ragazzi con cui ancora oggi ci sono rapporti, ho
frequentato anche la scuola a Vasto e lì ho anche conseguito la patente. Una
città bellissima, quelli sono stati anni splendidi, difficili da dimenticare”.
Parliamo di vent’anni
fa, il calcio è cambiato parecchio, nel dilettantismo soprattutto, anche se
parliamo di Serie D ed Eccellenza all’Aragona che aria si respirava? “Calcio vero, sembrava di vivere in una realtà
professionistica anche perché Vasto ha trascorso tanti anni in C e aveva una
bella tradizione. Con la Pro Vasto è iniziato il mio percorso nel mondo delle
prime squadre, nei due anni di Serie D eravamo sempre nel girone di ferro. Affrontavamo
squadroni, sembrava un girone di Serie C”.
Nelle due stagioni in
D retrocessione e salvezza, in mezzo la vittoria del campionato d’Eccellenza,
un successo sudato? “Eravamo una
signora squadra ma quell’anno anche la Val di Sangro non era da meno. Testa a
testa fino all’ultima giornata, ricordo la domenica a Montereale, gli 800
tifosi vastesi sugli spalti e in campo la sfida decisa da due giovani classe
’81 con l’assist firmato da me e il tocco decisivo di Tokio, fu festa grande”.
In quegli anni sei
stato alle dipendenze di Anzivino, Vivarini e Giacomarro, di certo non gli
ultimi arrivati? “Da loro ho appreso
molto, seppur diversi parliamo di tre allenatori di spessore assoluto. La
stagione con Anzivino non andò per il verso giusto ma è stato un maestro
esemplare. L’esperienza di Vivarini in Eccellenza durò poco ma nonostante le
difficoltà si vedeva che aveva grandi qualità e la carriera ha poi parlato con
lui. Lo stesso dicasi per Giacomarro, bravo e preparatissimo”.
Negli anni di Serie D
eri spesso convocato nella Nazionale Italiana Dilettanti Under 18, è stata una
vetrina importante? “Ricordo con
grandissimo piacere quelle convocazioni, ero tra i migliori venti giovani della
D, in un campionato dove ci sono tante squadre. Una vetrina importante perché
all’epoca non c’era internet dove poter studiare giovani stando seduti davanti
a un pc e visionare anche quelli che giocano a migliaia di chilometri di
distanza. I visionatori giravano l’Italia in lungo e in largo, quelle
convocazioni venivano seguite con attenzioni dai club professionistici e anche
su di me qualcuno si era interessato con molta frequenza”.
Quanto c’era di vero
nell’interessamento del Verona, all’epoca in B, su di te? “Scoprii dopo che mi avevano seguito a lungo,
sarei dovuto anche salire a Verona perché ero stato più volte contattato ma
visto che ci stavamo giocando il campionato, per paura di infortuni non riuscii
mai a salire. Quelli sono dei treni che non sempre passano, ecco, Vasto per me
ha rappresentato una fetta di carriera importantissima ma se mi avessero
liberato chissà che la mia carriera non avrebbe potuto avere un altro corso.
Sarebbe stata una grande chance, mi è sempre rimasto quel rammarico ma ormai a
distanza di vent’anni fa parte del passato”.
Poi altre da giocatore, il grave infortunio a 32 anni e la decisione di iniziare il percorso di allenatore, meglio con i grandi o i baby calciatori? “Mondi diversi, ho iniziato grazie all’opportunità che mi diede il Torre Alex conquistando due salvezze ma ad essere sincero c’è più stimolo con i piccoli. Sono stato nella Gladius ed è bello poter aiutare i calciatori del futuro nella loro crescita, per impegni lavorativi ho dovuto allontanarmi un po’ ma sarebbe bello tornare ad allenare anche perché qui, nella zona pescarese, c’è un bel potenziale e dei progetti interessanti”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it