La ventenne
pallavolista vastese ci ha raccontato della sua prima stagione lontana dalla
San Gabriele tra vita universitaria e la C veneta con Le Ali Padova
“Il Coronavirus mi ha privato di una delle mie più grandi passione, mi manca tantissimo la pallavolo, non vedo l’ora di tornare in campo, non sono mai stata ferma così tanto tempo”. Giada Russo negli anni abbiamo imparata a conoscerla, con il papà Enrico calciatore e bomber prolifico in Serie C l’eredità sportiva non poteva di certo mancare in famiglia. Al calcio ha preferito la pallavolo, un amore viscerale che l’ha vista sempre protagonista con la maglia della San Gabriele Vasto. Da quando era piccola fino agli anni in prima squadra, soddisfazioni e trofei senza però dimenticare la strada del beach volley, altro amore, quello che l’aveva vista trionfare nel 2016 diventando, insieme all’amica Scampoli campionesse italiane under 18.
Gli anni passano anche quando si è giovani, Giada qualche giorno fa ha spento venti candeline, festa in famiglia a Vasto dov’è tornata ormai da mesi. Colpa del Coronavirus visto che ormai da settembre lo switch tra superiori e università l’aveva vista volare verso Padova. Corso di Laurea in Ingegneria tra le aule universitarie e nuova avventura nella pallavolo, sempre in C ma con Le Ali Padova. Una ‘nuova’ vita’ che sta affrontando con grande entusiasmo, quello che non è mai mancato, a differenza di una palla da gioco. Una mancanza che sta pesando tanto, Giada Russo non vede l’ora di tornare a divertirsi in campo.
Due mesi e mezzo
senza volley giocato, cosa ti sta mancando di più?“Da quando ho iniziato a giocare a pallavolo non sono mai stata per tre
mesi senza toccare una palla. Basterebbe questa frase per capire che lo sport
che amo di più mi manca da morire. Mi sto allenando con esercizi a corpo libero
a casa ma non c’è paragone con gli allenamenti di squadra, l’assenza che più mi
pesa. Lo stare a contatto con le compagne, l’allenarsi al massimo per la
partita. Tante mancanze, come anche l’adrenalina prima di un match”.
Era il primo anno
lontano da casa, come lo stavi vivendo con l’inizio del percorso universitario
e una nuova realtà sportiva? “Nelle
prime settimane non è stato facile ma era facilmente prevedibile. Sapevo di
andare incontro a cambiamenti importanti rispetto al mio solito quotidiano. Il dover
fare tutto io a casa, lo spostarmi con i mezzi, i corsi universitari totalmente
diversi dagli anni delle superiori. L’impatto con queste grandi novità nella
mia vita è stato semplificato di molto dalla pallavolo, il trovare squadra ha
facilitato il mio ambientamento, scrollato di dosso qualche piccola ansia e di
conseguenza tutto è stato più semplice. Le nuove amicizie della pallavolo mia
hanno aiutata e anche quelle universitarie sono state molto importanti”.
A settembre ti pesava
lasciare Vasto, amiche e amici e l’ambiente sportivo o non vedevi l’ora di
iniziare questa nuova avventura di vita tra studio e sport? “Da un lato c’era la malinconia nel dover
lasciare la città che mi ha cresciuta e coccolata oltre soprattutto gli affetti
con cui ho condiviso infiniti momenti tra famiglia e amici. Dall’altro però non
vedevo l’ora di iniziare la doppia avventura a Padova, sentivo la necessità di
dover cambiare aria, tuffarmi con grande impegno nel nuovo percorso di studi e
vivere un’altra sfida pallavolistica”.
Prima del Coronavirus
come stavi gestendo università e sport, riuscivi a reggere la fatica? “Quanto mi mancano quelle giornate
frenetiche! Uscivo di casa la mattina e tornavo in tarda serata stanchissima ma
felice. Lezioni la mattina, un pranzo al volo, lo studio pomeridiano in
biblioteca e poi diretta in palestra per l’allenamento, alcune volte arrivavo
in campo con il mal di testa ma amo lo sport per questo motivo. Mi ha sempre
aiutato a staccare la spina e cancellare tutte le negatività, come può essere
anche un mal di testa”.
Dalla San Gabriele a Padova,
stessa categoria ma quali differenze hai trovato? “Parliamo sempre di una Serie C ma qui in Veneto sin dalle prime
partite ho capito di trovarmi a confrontare con un livello un po’ più alto
rispetto a quello abruzzese dove per la nostra categoria c’è solo un girone. Qui
la C femminile è formata da quattro gironi, c’è una grande tradizione, la società
non ci fa mancare nulla e cura ogni dettaglio”. Dal punto di vista personale è
stata una bella sfida, se con la San Gabriele iniziavo la stagione sapendo di
avere il posto da titolare assicurato qui ho dovuto lavorare tanto per conquistarlo”.
Anche se con la
sessione estiva per te sarebbe comunque stata un’estate diversa dalle altre da
beacher come farai senza poter giocare? “Come
potrò stare un’estate intera senza poter giocare a beach volley? Non ci voglio
pensare, non esiste questa stagione senza sport in spiaggia, non dico tornei
ufficiali ma la speranza è quella di poter tornarci a divertire con le
partitelle tra noi amiche, dopo tutti questi mesi di stop sarebbe importante
per la ripartenza di tutto il movimento”.
C’è grande incertezza sulla ripartenza degli sport, pensi che si potrà tornare in campo già tra settembre e ottobre o nel 2020 non si giocherà più? “Non voglio pensarci neanche a un 2020 senza più pallavolo, non vedo l’ora di tornarmi a divertire in campo. Ascoltiamo e leggiamo tante ipotesi, la speranza è quella di tornare in campo tra ottobre e novembre con tutte le attenzioni del caso attraverso le nuove regole ma si dovrà ripartire. Noi sportivi senza poter vivere una delle nostre più grandi passioni soffriamo molto, ecco perché spero si possa riprendere al più presto”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it