Il difensore milanese
protagonista in biancorosso nel 2005/2006. Oggi viceallenatore dell’under 15
del Milan
Nei ricordi di tifosi e addetti ai lavori non restano solo i bomber per i loro gol o i portieri per le loro parate. C’è spazio per tutti, anche per chi in campo sembrava scendere in smoking, tipo Lorenzo Cresta. Difensore elegante, intelligente e forte, una sola stagione all’Aragona, quella del 2005/2006 nella quale la Pro Vasto sfiorò la promozione in C1.
Quasi 200 presenze tra C1 e C2, una sessantina in D senza dimenticare la curiosa e felice esperienza in Costa d’Avorio, oggi, dopo aver conseguito anche la Laurea in Scienze giuridiche, economiche e manageriali dello sport e aver già lavorato come direttore tecnico e direttore sportivo è di nuovo protagonista in campo. Nel Milan under 15 come vice allenatore di Bertuzzo, conosce il calcio a 360° avendo la giusta esperienza su più fronti ma in questi giorni, come tutti gli italiani, non si muove da casa. Vive a Milano insieme alla moglie e ai due figli, la Lombardia è una delle regioni più in difficoltà in queste settimane ma lui, come noi, speriamo che tutto quanto prima possa tornare alla normalità.
Come già successo con altri suoi compagni abbiamo deciso di
riportare a galla i ricordi biancorossi di quattordici anni fa, la stagione in
cui la Pro Vasto pur cadendo nel playoff si rese comunque protagonista di una
grande annata.
Lorenzo Cresta,
giorni difficili per l’Italia, a Milano come la state vivendo? “Siamo in casa rispettando tutte le regole,
solo così potremo tornare alla normalità e non essere d’intralcio ai tanti che
in questo momento sono in prima linea per combattere il Coronavirus”.
Ti ricordiamo come
difensore a Vasto, dopo quattordici anni sei ancora nel mondo del calcio? “Certo, ormai da qualche anno faccio parte
della famiglia dell’AC Milan nel settore giovanile e in questa stagione sono il
viceallenatore di Bertuzzo dei Giovanissimi Nazionali”.
Allenatore oggi,
giocatore prima e in mezzo anche esperienze come direttore tecnico e sportivo,
la laurea quanto è stata importante? “Anche
quando giocavo ho sempre pensato che lo studio fosse una componente
fondamentale nel mio percorso di crescita, tanto dal punto di vista sportivo,
quanto umano. Sono riuscito a togliermi quest’altra soddisfazione e con quel
titolo ho potuto capire anche il mondo del calcio dall’altra parte della
scrivania”.
Nella tua carriera
anche l’esperienza in Costa d’Avorio, come nacque quell’opportunità? “Era il 2010, giocavo con la Pro Patria e
durante una partita di beneficienza conobbi il console ivoriano. Tra una
chiacchiera e l’altra uscì fuori questa possibilità perché in quella squadra, l’Africa
Sport, già c’era un italiano come allenatore, Totò Nobile”.
Quanto è stato
importante quella tappa nel tuo percorso di crescita professionale? “Esperienza fondamentale, avevo trent’anni,
disputai qualche partita ma credetemi, lì, lavorando con pieni poteri sull’area
manageriale ho imparato tanto sul come muovermi da direttore tecnico”.
Nastro riavvolto alla
stagione 2005/2006, che anno è stato quello con la Pro Vasto? “Una fantastica esperienza di vita, ancora
oggi porto con me un ottimo ricordo sotto tutti i punti di vista. L’ottimo
feeling con la città e i tifosi oltre naturalmente la grande alchimia che si
era creata con il resto del gruppo”.
Si dice che per
costruire qualcosa di bello molto dipende dalla forza del gruppo, il vostro com’era?
“Lo spogliatoio, nel bene e nel male,
fa la differenza. A Vasto si era creata subito grande empatia tra di noi, si
respirava sempre grande positività. In campo si lavorava tutti al massimo e
ricordo ancora le tante cene tra noi il giovedì negli appartamenti, piccoli
gesti ma fondamentali per cementificare una squadra che ha raccolto bellissime
soddisfazioni”.
Peccato per aver
perso a Rende nella semifinale playoff con vista sulla C1 o già eravate andati
oltre? “Quando si arriva a quel punto
si scende in campo sempre con la voglia di superare l’ostacolo per avvicinarsi
a quello che per noi sarebbe stato un sogno. Nel match di ritorno fummo anche
sfortunati ma quella non fu assolutamente la stagione dei rimpianti, anzi,
raggiungere i playoff fu un grande traguardo”.
Una partita che
ancora oggi resta ben impressa nel cassetto dei ricordi? “Potrei dirne più di una ma quella contro il
Marcianise regalò grandi emozioni. All’Aragona un’atmosfera fantastica, i
tifosi sempre stati al nostro fianco ma quella domenica 12° uomo come non mai,
furono di grande aiuto perché andammo subito sotto. Poi la grande gioia con il
pareggio negli ultimi minuti che spalancò le porte dei playoff. La più bella
gioia di una stagione davvero bella sotto ogni punto di vista”.
Alcuni tuoi ex
compagni oggi si divertono ancora in campo dalla Serie B fino alla categorie
dilettanti, tra i pali del Vasto Marina c’è Marconato, ti sorprende? “Massimo può giocare fino a 60 anni, è stato
e sarà sempre un professionista anche se oggi gioca in categorie meno nobili.
Sono sicuro che è una guida sicura per tutti i giovani compagni di squadra, con
gli anni che passano si acquisisce la giusta esperienza per poter essere d’aiuto
agli altri”.
Guardi il calcio da tante prospettive, da quando eri calciatore ad oggi com’è cambiato? “Le regole sono sempre quelle ma guardando al campo ci si è aggiornati alla modernità. Il giocatore è strutturato fisicamente, ha più tecnica e tutto gioca a favore di un calcio più veloce. Dal punto di vista societario ormai appare riduttivo definirle squadre, parliamo di vere e proprie aziende dove la passione non manca mai ma sono tanti anche gli interessi”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it