Oggi allena i giovani
della Pgs Vigor Don Bosco ma da calciatore è arrivato in A con il Parma
giocando anche con l’under 21 di Maldini senza dimenticare le quasi 300
presenze tra B e C
Si è divertito tantissimo Mario Lemme nella sua carriera. Un giovane attaccante vastese di belle speranze che all’inizio degli anni ’90 dopo aver detto no al Milan ha preso un altro importante treno togliendosi bellissime soddisfazioni non solo con i ducali ma anche con la maglia azzurre e poi nelle tante avventure in giro per l’Italia tra B e C. Senza però dimenticare mai la maglia della sua città, quella da dove è partito tutto, dove è tornato da giocatore esperto e la stessa che nel 2013/2014 lo ha visto anche nelle vesti di allenatore in Eccellenza.
Nell’ambiente calcistico vastese (e non solo) è conosciuto da sempre, il grande salto da Vasto al Parma (per una cifra superiore ai 500 milioni, parliamo del 1990), il cruccio di non aver esordito in A ma arrivando a toccare qualcosa come 300 presenze tra A e B con tanti gol indossando tante maglie (Salernitana, Vicenza, Cosenza, Fidelis Andria, Ancona, Reggiana, Monza, Savoia, Modena, Pescara e Giulianova). Appese le scarpette al chiodo a Vasto ha allenato sia il Vasto Marina che la Vastese ma oggi, allontanatosi dal mondo dei ‘grandi’ si diverte allenando i piccoli della Pgs Vigor Don Bosco.
Mario Lemme, proviamo
a tornare indietro di 30 anni, tu poco più che diciassettenne crescevi nell’allora
Pro Vasto di Ammazzalorso e soprattutto Giammarinaro, che anni sono stati? “Fondamentali per quello che sono diventato
dopo, ero giovane e mi allenavo con gente del calibro di Scotini e Naso solo
per citarne alcuni”.
Un primo treno aveva
tinte rossonere, come andò a Milano? “Benissimo, feci un provino con la
Primavera allora allenata da Fabio Capello. A fine allenamento mi fece capire,
dopo avermi visto all’opera, che era tutto ben indirizzato per il mio
trasferimento ma nel viaggio di ritorno decisi di dire no al Milan. In quegli
anni si è giovani e allontanarsi da casa non è facile, gli affetti, gli amici e
tanto altro. Ne parlai anche con i miei genitori che accettarono la mia
decisione”.
Ancora bene in prima
squadra con la Pro Vasto, la svolta quando arrivò? “Stavo facendo bene, soprattutto in due partite contro Giulianova e
Riccione, in quest’ultima partii da titolare giocando di fianco ad Enrico Russo
che firmò una doppietta. A vedermi c’era sugli spalti Fabrizio Larini, allora
osservatore del Parma, i contatti tra i club si intensificarono, la dirigenza
biancorossa convocò anche i miei genitori e io questa volta mi decisi che era
arrivato il momento di salutare Vasto per confrontarmi su livelli più alti”.
La firma con il Parma,
com’è stato l’impatto? “Non facile
con tutti gli affetti lontani più i 500 km. Vivevo in camera con Sebastiano
Siviglia e Antonio Sconziano, ci siamo aiutati a vicenda, poi pian piano tutto
è andato per il verso giusto”.
Guardando al campo,
com’è stata l’esperienza in gialloblù? “I
primi approcci dal ritiro con la prima squadra a Folgaria passando per il
Torneo di Viareggio fino ai primi prestiti tra il Vicenza di Ulivieri e poi il
Cosenza. Altra storia nel ‘94/95 quando ero in pianta stabile nella prima
squadra di Nevio Scala avendo come compagni d’attacco gente del calibro di
Asprilla, Zola e Melli”.
Partiamo dall’esordio
in Coppa Uefa, che sensazioni hai provato? “Era il 20 ottobre, trasferta a Stoccolma in casa dell’Aek, ritorno dei
Sedicesimi di Finale, entrai a dieci minuti dalla fine al posto di Asprilla. Emozionante,
tanti pensieri per la testa, i sacrifici fatti per arrivare fino a quel
momento, un giorno difficile da scordare”.
Esordio in una
competizione europea ma mai in Serie A, a distanza di anni ti pesa quello 0 in
carriera? “Sbagliato parlare di peso
ma è un rammarico, quello sì. In quella stagione c’erano state diverse
opportunità per esordire nella massima serie, ero in pianta stabile nella prima
squadra ma non toccò mai aa me. Ricordo una partita contro la Roma, in
settimana Zola e Asprilla non stavano bene, erano in dubbio e poteva anche
toccare a me addirittura dall’inizio. Giocarono, mi riscaldai per tutto il
secondo tempo ma restai in panchina fino al triplice fischio finale”.
Zero presenze in A ma
le chiamate dell’Under 21 di Cesare Maldini? “Bellissimi ricordi andati ben oltre il calcio. In campo era la
nazionale dei vari Cannavaro, Del Piero, Inzaghi, Del Vecchio e Vieri con il
quale feci coppia in uno dei due match contro Israele. Il viaggio a Gerusalemme
è stata una delle esperienze più toccanti in vita mia”.
Come mai la scelta di
scendere in B? “Avevo voglia di
giocare con continuità, c’erano tante chiamate ma Salerno mi stimolava
parecchio. Arrivai con motivazioni infinite, infatti all’esordio feci subito
gol, poi però alla seconda partita arrivò uno strappo al quadricipite che mi
tenne fuori a lungo”.
In quella stessa
stagione poi il Parma vinse addirittura la Coppa Uefa, col senno di poi avresti
fatto bene a restare? “Volevo giocare
anche se il calcio è strano. In quegli anni con noi c’era anche Stefano Fiore,
due anni più giovane di me, poche volte in panchina nella prima parte di
stagione ma poi per sua fortuna la storia è cambiata. Si è fatto trovare pronto
quando c’era qualche infortunio di troppo e nel ritorno della finale giocò
titolare battendo la Juventus nel doppio confronto con una vittoria e un
pareggio”.
Senza la A ma con
tanto altro, a distanza di anni sei soddisfatto della tua carriera? “Certo, ho quasi 300 presenze tra B e C
riuscendo a togliermi belle soddisfazioni tra prestazioni e gol in stadi come
San Paolo, Marassi, San Nicola, Bentegodi e Cibali, non capita tutti i giorni”.
Dal ’92 al 2003 tra B
e C, poi la D tornando nella tua Vasto, perché quell’esperienza è durata poco? “Per fortuna avevo ancora offerte dai
professionisti ma con mia moglie avevo deciso di avvicinarmi a casa soprattutto
per il bene di mia figlia che andava a scuola. Iniziai con la Pro Vasto andando
al ritiro di Frosolone, capii le intenzioni serie e firmai. Fino a novembre
andavamo benissimo ma era un mondo che non conoscevo, diverso dai
professionisti, la società nel mercato invernale fece le sue valutazioni e
andai via”.
Tu salutavi e poi
arrivò D’Ainzara, entrambi classe ’73 e insieme nelle giovanili, avresti voluto
averlo come compagno di squadre anche da grandi? “Ecco, l’altro mio secondo rimpianto dopo non aver trovato la presenza
in A. Il non giocare ormai da esperti fianco a fianco con Fiorenzo. Negli anni
di B e C si siamo sfidati più volte, in un Ascoli-Cosenza andammo anche in
diretta serale su Tele+ e poi in un Andria-Avellino segnammo entrambi però
vinsi io segnando due gol”.
C’è chi racconta che
nel 2003 avevi caldeggiato più volte il suo acquisto alla dirigenza
biancorossa? “Confermo, mi ero
permesso di sponsorizzarlo perché sapevo che avrebbe ancora potuto far
divertire compagni e soprattutto la piazza. In attacco eravamo già io e
Riccardo Innocenti, con alle spalle ‘Fiore’ sarebbe stato un tridente che
avrebbe buttato giù l’Aragona”.
Hai salutato la Pro Vasto da giocatore e da allenatore hai ritrovato l’Aragona come allenatore della Vastese, cosa ricordi della stagione 2013/2014? “Ancora oggi qualcuno storce il naso quando si parla di quell’annata anche se bisognerebbe rinfrescare un po’ la memoria. Non vado a raccontare i tanti episodi successi soprattutto nella seconda parte di stagione dopo aver perso una decina di giocatori importanti nel mercato dicembrino. Restano i numeri, 50 punti raccolti tra tante difficoltà arrivando a giocare con un’età media di 21 anni e 3 mesi schierando tanti elementi vastesi, soprattutto giovani”.
Nonostante le
difficoltà hai parlato di stagione positiva, perché? “In primis per i ragazzi che sono rimasti fino all’ultima giornata,
quello era un gruppo fantastico, soprattutto nel finale non era facile
motivarli ma mi hanno sempre seguito. La Vastese da tanto non vince a Pineto e
Avezzano, bene, noi quell’anno conquistammo 6 punti sommando le due trasferte”.
Oggi alleni i giovani
della Pgs Vigor Don Bosco, con i ‘grandi’ è un capitolo chiuso? “Negli anni per fortuna le chiamate mi sono
sempre arrivate ma non mi hanno mai convinto. Mai dire mai, se ci sarà una
bella opportunità ben venga ma adesso sono felice con la Pgs Vigor Don Bosco.
Una realtà sana, alleno insieme a tanti amici con cui sono partito da giovane
giocatore e proviamo a insegnare loro quello che abbiamo appreso nel corso
delle nostre carriere”.
Da allenatore come valuti i giovani calciatori di oggi? “Non c’è più solo il calcio, tanti altri interessi e troppe distrazioni. Non solo, c’è meno voglia di sacrificarsi e alcuni di loro a 13/14 anni pensano che tutto gli sia dovuto e che soprattutto sanno già tutto. Del calcio in tv non guardano alle giocate ma pensano all’orecchino e al taglio di capelli. Negli anni nostri era un altro mondo, c’era solo il calcio, dalla strada al campo, non pensavamo ad altro, tutti i giorni, oggi sembra che andarsi ad allenare sia quasi un peso”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it