L’allenatore vastese
da agosto è entrato a far parte della “MV8 Football Academy” ricoprendo anche
il ruolo di responsabile tecnico
Inseguire un sogno, partendo da una passione diventata professione anno dopo anno. Non è mai facile lasciare l’Italia, basta ascoltare o leggere le tante parole di chi dopo essersi formato nel nostro Paese per diventare grande e ampliare la propria conoscenza professionale ha deciso di preparare le valige e scegliere una nuova destinazione.
Il trentanovenne (compiuti oggi, auguri!) Michele Stivaletta alle valige da preparare e disfare ci è abituato ormai da tanti anni. Gli anni universitari a Roma dove ha conseguito la laurea in Scienze dell’Educazione e poi le tante esperienze in giro per il mondo insegnando calcio a tanti giovani calciatori. Scuole calcio in Sudafrica dov’è nato (a Pretoria), i due anni a Roma nella Juventus Academy (fonddata da Carolina Morace e Gianluca Pessotto), il Milan Junior a Monaco di Baviera e le diverse tappe in Spagna con il Milan Camp. In mezzo ai tanti viaggi altre parentesi vastesi riuscendo a conseguire una seconda laurea, in Scienze Motorie, vivendo anche l’esperienza di vice allenatore della Vastese a più riprese, nel 2012/2013 in Eccellenza (nella stessa stagione da allenatore capo vinse il titolo provinciale con la juniores biancorossa) e nella scorsa affiancando in D mister Gianluca Colavitto.
Fino a maggio, in estate la chiamata di Massimo Valenziano (conosciuto qualche anno fa in Spagna) per convincerlo ad accettare una nuova avventura: a Siviglia per entrare a far parte della “MV8 Football Academy”, un’accademia privata internazionale. Michele Stivaletta ha riflettuto a lungo valutando al meglio ogni dettaglio e poi ha detto sì partendo per l’Andalusia a fine agosto, oggi riveste il ruolo di responsabile tecnico e allenatore, una nuova avventura che da oltre quattro mesi sta affrontando con grande entusiasmo.
Michele Stivaletta, dopo una prima esperienza in terra spagnola ad agosto hai deciso di tornarci scegliendo Siviglia come nuova opportunità, cinque mesi dopo sei soddisfatto della scelta fatta? “Felicissimo e soddisfatto, vivo di calcio ventiquattro ore su ventiquattro, al mio arrivo mi è stato chiesto di esprimere al meglio il mio valore, ho tutti gli strumenti necessari per dimostrarlo, è la prima volta che mi capita, non ho scuse”.
Vivi di calcio nel quotidiano, come si sviluppa una tua giornata tipo nella “MV8 Football Academy”? “Nella nostra accademia i ragazzi studiano e vivono di calcio nell’intero arco della giornata. Alle 8:30 c’è l’allenamento mattutino e nel pomeriggio si aggregano con diverse società affiliate tra cui Betis Siviglia e Siviglia. Li seguo anche nel pomeriggio relazionandomi con allenatori e direttori sportivi spagnoli, il calcio mi aiuta a migliorarmi sotto tutti i punti di vista, oltre al lato sportivo c’è tanto altro, basti pensare che al mattino insegno calcio parlando in lunga inglese e nel pomeriggio il confronto con gli altri miei colleghi avviene in spagnolo, è una continua crescita per me”.
Scuola e calcio di
pari passo per poter raccogliere i frutti portando magari nel grande calcio
alcuni prospetti fatti sbocciare da voi, finora chi della “MV8” si è messo già
in mostra? “Il nostro massimo
rappresentante è Sory Kaba, ventitreenne attaccante della Guinea ora in forza
all’Elche e prossimo alla partecipazione, con la propria nazionale, alla Coppa
d’Africa che si svolgerà in Egitto a giugno”.
A strettissimo
contatto con i giovani, qual è la metodologia di lavoro che applichi durante le
sedute di allenamento? “Lavoro con
calciatori che vanno dai 15 fino ai 23 anni, diversamente dall’Italia qui a 23
anni puoi ancora ambire a qualcosa di importante. Si lavora metodicamente sulla
tecnica individuale, usiamo telecamere e drone per programmi personali
finalizzati al match Analysis, di cui mi occupo”.
In campo non sei
solo, come va il rapporto con gli altri componenti dello staff tecnico? “Divido il mio lavoro con Massimo
Valenziano, allenatore che mi ha voluto fortemente qui e che già conta tante
esperienze tra Inghilterra, Australia, Russia oltre che Spagna. Abbiamo al
nostro fianco due preziosi assistenti, tra noi il rapporto è fantastico, c’è
tanto confronto nel bene e nel male. La crescita collettiva viene prima di
tutto, qui c’è un vero progetto, cosa che in Italia, purtroppo, manca”.
Avendo avuto
esperienze anche nei settori giovanili italiani quali sono le differenze più
nette tra i nostri e quelli spagnoli? “A
livello tecnico non c’è paragone, in Spagna se non sei bravo tecnicamente
neanche ti spogli, la fisicità non assume un ruolo determinante come succede da
noi. In Italia siamo molto più statici ed organizzati, i ritmi sono decisamente
diversi. Sembra incredibile, ma qui la Terza Categoria, tecnicamente è
paragonabile a Eccellenza e Promozione italiane”.
L’Italia ha tanto da
imparare o possiamo essere esportatori di qualcosa di buono anche verso i
settori giovanili spagnoli? “L’Italia
può solo imparare dalla Spagna, qui c è rispetto per il calcio. Per tanti
fattori: non ci sono recinzioni, i rettangoli di gioco sono tutti in sintetico,
l’arbitro ha gli assistenti tanto in Terza Categoria quanto nei Giovanissimi.
Non esiste la regola dei fuoriquota, chi è forte gioca e poi negli stadi non
succedono mai episodi spiacevoli ma sono pieni di bimbi, donne e anziani che si
divertono”.
Fabio Capello nei
giorni scorsi parlando dei vivai italiani ha detto, “ai bambini insegnino stop
e dribbling, non gli schemi”, passo condivisibile o ad oggi gli insegnamenti
sono altri? “D’Accordo con lui, in
Spagna si lavora sul giocatore, le abilità tecniche prima di tutto. Purtroppo
in Italia devi adattarti al sistema altrimenti sei fuori, il risultato anche
nelle scuole calcio è diventato asfissiante, non c’è più la cultura della
sconfitta! La società ha tutte le responsabilità, parte tutto da lì”.
Prima o poi tornerai
in Italia, cosa ti porterai dietro da questa, seppur ancora breve, esperienza
spagnola? “Il mio modo di pensare su
molti aspetti è cambiato, sono sicuramente un allenatore diverso, oggi darei più
importanza all’individuo e non al collettivo. Qui per me è un punto di
partenza, voglio proseguire qui la mia crescita professionale”.
Se ci fossero alcuni
tuoi giovani colleghi in bilico tra l’accettare o il rinunciare alla sfida che
hai intrapreso tu qualche mese fa come li convinceresti? “Non è mai facile lasciare, ogni scelta è
prettamente personale, chi insegue un sogno non ha bisogno di consigli”.
Lontano dalle ore che dedichi agli allenamenti quali sono le cose che ti mancano di Vasto e dell’Italia? “Siviglia è una città fantastica ma la famiglia è la cosa che più mi manca, poi sembrerà ripetitivo ma anche il cibo italiano è una mancanza che si fa sentire, l’Italia da questo punto di vista è unica”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it