L’allenatore vastese, da venti mesi in Andalusia, ci ha raccontato come sta vivendo, lontano dal lavoro, le giornate dominate dall’emergenza Coronavirus
2550 km. La distanza tra Vasto e Siviglia, dalla città che lo ha cresciuto a quella che ormai da oltre un anno e mezzo lo accoglie. Michele Stivaletta, con grande entusiasmo, dopo precedenti esperienze spagnole (e non solo) dall’agosto del 2018 ha deciso di avventurarsi in una nuova e stimolante esperienza trasferendosi definitivamente nella capitale andalusa.
Scelta di vita, spinto da infinite motivazioni già in una precedente chiacchierata (leggi) ci aveva raccontato della soddisfazione con cui a distanza di mesi era sempre più contento della scelta fatta. Senza però mai dimenticare i sacrifici, famiglia e amici lontani dovendo iniziare a convivere con nuove abitudini. Nella “MV8 Football Academy” (un’accademia privata internazionale), il quarantenne tecnico vastese, continua a rivestire il ruolo di responsabile tecnico e allenatore ma come successo già in Italia anche a Siviglia tutto si è fermato, attività sportive comprese.
Michele Stivaletta, quando
parlavi con familiari e amici dopo aver guardato le immagini tra social e tv dell’Italia
qual era il tuo pensiero sul Coronavirus? “Le prime immagini seguite dalle notizie mi hanno lasciato
terrorizzato. I primi pensieri corrono subito verso la famiglia e tutti gli
amici, sono sempre in contatto con loro, i chilometri che ci dividono sono
tanti, ma sapere ora che tutti stanno bene mi fa stare molto più tranquillo”.
Dall’Italia pian
piano il virus è penetrato a macchia d’olio nel resto d’Europa, Spagna
compresa, a Siviglia i messaggi italiani sono stati recepiti in fretta? “Io da italiano, vedendo la situazione del
mio Paese, ero conscio che sarebbe arrivato anche in Spagna. Qui a Siviglia è
stato capito in ritardo, parlavano di emergenza italiana puntando il dito
contro il nostro sistema sanitario che, oggi, alla luce dei fatti si sta
rivelando prezioso come non mai, dalle strutture che nonostante le difficoltà
tengono duro fino, soprattutto, allo splendido lavoro dei medici e infermieri”.
Quando a Siviglia
hanno capito che bisognava iniziare a seguire il modello italiano? “Qui si vive anche per il calcio, c’era
tanta attesa per il match di Europa League tra Siviglia e Roma, quando la Uefa
ha deciso per il rinvio tutti hanno finalmente alzato il livello di guardia”.
Quasi da 20 mesi sei
stabile a Siviglia, come l’hai vista trasformata? “Colpisce il silenzio e il deserto in strade e piazze. In Andalusia è
festa tutti i giorni, c’è tanto turismo durante tutto l’anno e questo a livello
economico si ripercuoterà parecchio. Nelle prossime settimane Siviglia, con la ‘Semana
Santa’, sarebbe esplosa di gente, tutto rinviato, ora bisogna restare tutti a
casa”.
Tutto fermo anche a
Siviglia, prima dello stop obbligatorio come stava andando sul campo la tua
seconda stagione in Andalusia? “Tutto
secondo copione, qui c’è grande organizzazione. Con la “MV8 Football Academy”
erano otto gli allenamenti settimanali divisi tra mattina e pomeriggio. I ragazzi
crescono bene e in più alcuni di loro hanno anche affrontato il campionato di
Promozione andalusa sia per iniziare a capire il mondo dei ‘grandi’ e anche per
mischiarsi sempre di più agli spagnoli”.
La notizia dello stop
com’è stata accolta dai giovani calciatori? “Dispiace a tutti dividersi e salutarsi ma altro non si è potuto fare. Noi
qui lavoriamo con ragazzi che provengono da America, Inghilterra, Nuova Zelanda
e Kenya solo per citarne alcune, sono tornati tutti a casa quando si è capito
che la situazione era più grave del previsto”.
Come stai vivendo
queste lunghe giornate che ti costringono a restare a casa solo con la possibilità
di uscire solo per necessità reali? “Non
uscire di casa è tosto ma questo è un obbligo a cui nessuno deve sottrarsi. Sono
qui con la mia compagna Francesca ma devo ammettere che questi giorni diversi
dalla solita quotidianità hanno anche i loro aspetti positivi. Sono uno a cui
non piace stare fermo, lo stesso anche dentro casa, anche ora ho tante cose da
fare, buttare giù nuove idee, pensare tanto per capire dove si è sbagliato e
come ripartire al meglio quando si potrà, ecco perché dico che questo tempo che
ora abbiamo a disposizione dobbiamo sfruttarlo al meglio perché ci può aiutare”.
Pensando al calcio, con l’accademia sperata di tornare in campo già nei prossimi mesi o vi siete dati appuntamento alla prossima stagione? “Per noi sarà impossibile pensare a un ritorno in campo a breve, ci siamo già dati appuntamento per la stagione 2020/2021. In questi giorni a casa sto già programmando il lavoro che spetterà ai calciatori nei primi allenamenti, questo Coronavirus qualcosa cambierà, ci vorrà del tempo ma credo che si tornerà alla vita normale”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it