07/06/2017 – Tra passato e presente l’allenatore vastese racconta aneddoti vissuti in biancorosso da calciatore. Ora da allenatore spera un giorno di sedersi sulla panchina della sua città
Una vita colorata di bianco e rosso. Dai primi calci al pallone fino all’esordio a soli 15 anni in prima squadra con la Vastese, Giuseppe Naccarella, vastese doc, mai potrà togliere di dosso quei colori(“sono la mia seconda pelle”), oggi a 44 anni ha da tempo svestito i panni del giocatore iniziando subito quella da allenatore con risultati splendidi in questi ultimi sette anni vissuti sulla panchina dell’Acqua&Sapone dove non c’è nulla di biancorosso ma ha trovato una realtà che lo ha fatto lavorare con estrema tranquillità tra juniores e prima squadra dove ha disputato tre anni di Promozione e gli ultimi quattro in Eccellenza. A Montesilvano ci sarà poco di bianco e rosso ma quelle tonalità fanno comunque parte del suo quotidiano, lo hanno portato ad amare visceralmente realtà straniere come l’Athletic Bilbao(“è una malattia che nessuno può toccarmi, guai a criticare i baschi, ogni anno un gruppo di tifosi mi invia gadget di ogni tipo”) e il Southampton(“impazzivo in primis per Le Tissier che guarda caso indossava anche lui quei colori”), e da giocatore oltre alla sua Vastese è rimasto legatissimo a un’altra realtà come la Maceratese, colore di maglia? Biancorossa naturalmente. Tra passato e presente Peppe Naccarella nel corso dell’intervista ha ricordato come questo sport negli anni sia radicalmente cambiato lasciando aperta, anzi spalancata la porta sull’eventualità di rivederlo di nuovo all’Aragona ma questa volta né da avversario, né tantomeno da tifoso accanito.
Giuseppe Naccarella, una trentina d’anni fa esordiva per meriti in Serie C poco più che quindicenne, rispetto ad allora i giovani calciatori in cosa sono cambiati? “Un mondo capovolto rispetto ad allora, noi della mia generazione siamo stati fortunati ad incontrare figure che ci hanno aiutato giorno dopo giorno, i tempi cambiano e bisogna purtroppo accettare l’ignoranza della modernità in ambito calcistico”.
Con l’Acqua&Sapone lavori da anni tra prima squadra e settore giovanile, quali sono i limiti dei giovani di oggi? “In queste sette stagioni ho fatto esordire in prima squadra 52 ragazzi juniores, è stato un lavoro lungo e faticoso, proprio per questo penso di poter avere le giuste conoscenze per discutere, oggi i giovani hanno la pancia piena, ai miei tempi si lavorava con l’obiettivo di credere in un sogno da raggiungere attraverso sacrificio, passione e rinunce, oggi ci troviamo di fronte a una cultura del calcio stravolta, il troppo permessivismo ha di fatto portato a trascurare passioni e valori e quel sogno di cui parlavo prima oggi per i giovani non esiste più”.
A proposito di rinunce, quante ne ha dovute sopportare per potersi godere a poco più di quindici anni l’esordio in Serie C? “Nulla arriva per caso, in quegli anni io mi facevo i conti su eventuali squalifiche ed infortuni dei giocatori della prima squadra, quando i miei la domenica uscivano e volevano andassi con loro io restavo a casa perché speravo nella convocazione, mio padre all’inizio era infastidito poi quando il telefono iniziò a squillare, con il segretario Franco Nardecchia che mi invitava a presentarmi all’Hotel Baiocco, iniziò anche lui a capire che quelle rinunce a qualcosa servivano”.
In prima squadra con la Vastese dieci stagioni tra Interregionale e Serie C, provando a riavvolgere il nastro dei ricordi tra gli allenatori a chi deve maggiormente dire grazie? “Nelle giovanili fondamentali sono stati Mileno ed Ercolano ma Renzo Rossi ha vinto la sua scommessa e non finirò mai di ringraziarlo, ad appena 15 anni mi prelevò dagli Allievi portandomi in prima squadra non solo per gli allenamenti ma per farmi giocare”.
In quegli anni la Vastese ha conosciuto il meglio anche dal punto di vista dirigenziale, chi è restato a lungo nei suoi pensieri? “Sono legatissimo a Gattella e Tumini ma per me Dante Marramiero resta un secondo padre, aveva una straordinaria bontà, quell’educazione e signorilità la ritrovo ancora oggi in suo figlio Enrico, quando capita di incontrarci è sempre un piacere scambiarci quattro chiacchiere”.
Dirigenti, allenatori e giocatori, dagli Allievi alla prima squadra trovandosi in una dimensione nuova guardando alla sua giovane età, chi l’ha aiutata nell’inserimento? “Antonio De Santis, Massimo Vecchiotti, Carlo Gaeta e Vincenzo Menna, mi hanno fatto diventare un uomo più velocemente rispetto agli altri della mia età, sia a livello umano che tattico sono stati decisivi, spesso anche a muso duro moralmente e anche fisicamente ma erano atteggiamenti necessari, magari ci fossero ancora oggi nelle squadre figure come quelle”.
Nelle giovanili in quegli anni Vasto mise in mostra diversi prospetti, lei come Lemme e D’Ainzara, eravate così forti? “Eravamo una squadra strepitosa e completa in ogni reparto, riuscimmo a mettere fino al dominio della Renato Curi, in campo ci divertivamo ed eravamo legati da una forte passione verso i colori della nostra città, qualche giorno fa in un torneo che si è svolto a Francavilla sono tornato a giocare con molti di loro, dopo quasi 20 anni ho provato un’emozione difficile da raccontare, quel legame è inossidabile”.
Vasto è la tua prima casa ma oramai è a tutti gli effetti un montesilvanese d’adozione, con l’Acqua&Sapone anche quest’anno ha centrato la quarta salvezza consecutiva, contento del risultato? “Alleno qui da sette anni ed è stata la stagione più difficile, terribilmente difficile, raggiungere la salvezza è stato complicato più del previsto, ci sono stati confronti duri, a un certo punto della stagione si era persa completamente la bussola ed eravamo vicini ad affondare definitivamente”.
Tra qualche mese la ritroveremo ancora a guidare l’Acqua&Sapone per il quinto anno consecutivo in Eccellenza o qualcosa potrebbe cambiare? “A questa realtà devo tanto perché mi hanno dato l’opportunità di iniziare ad allenare ma dopo sette anni deve esserci per forza un ricambio radicale altrimenti si rischia l’appiattimento e nuocerebbe a tutto l’ambiente, con la società mi incontrerò a breve, se avrò segnali positivi e rinnovata fiducia non ci sarebbero problemi a proseguire ancora qui”.
A Vasto in questi giorni si parla molto del nuovo allenatore per la panchina biancorossa, se dovesse arrivare una telefonata con prefisso 0873 sarebbe pronto al salto in Serie D? “La Vastese è il mio Real Madrid, chi nasce a Vasto e ha giocato con la maglia della sua città non potrà mai scrollarsi di dosso questa passione, quei colori li ho tatuati sulla pelle, anche se vivessi in Birmania e mi chiamerebbero non esiterei un attimo a rispondere presente, il grido di quella curva per me è un inno alla gioia, il solo parlarne mi fa venire i brividi, per me è sempre stato un dolce pensiero, la telefonata sarebbe quel sogno che speri un giorno possa avverarsi”.
-
-
Naccarella abbraccia Vecchiotti dopo la doppietta contro il Tortoreto
-
-
Naccarella durante uno scontro aereo
-
-
Naccarella con la maglia dell’Italia under 19 nell’amichevole giocata all’Aragona
-
-
Naccarella abbraccia le due figlie
-
-
Naccarella con la maglia dell’Athletic Bilbao
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it