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ABRUZZO TERRA DI CAMPIONI: Fabio Grosso, un Mondiale da Dio

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La storia affascinante del giocatore che ha fatto urlare di gioia l’Italia intera in quella calda estate di tredici anni fa.

Un appuntamento settimanale sui grandi interpreti abruzzesi dello sport, Abruzzo terra di campioni. Attendiamo le vostre segnalazioni per arricchire di personaggi questo viaggio nella nostra storia.

Esistono connubi, unioni involontarie, difficilmente accostabili, ma che trovano il modo di fondersi indissolubilmente fino a valicare il portone della storia. Uno di questi fili d’ Arianna parte da Roma, passa per Pescara, scorre verso la vicina Chieti, per poi salire verso Perugia, scendere negli inferi della B a Palermo ed infine ascendere fino ai piani alti della classifica e raggiungere la Germania, terminando la propria corsa a Berlino, in una calda sera di luglio, senza dimenticare Kaiserslautern e Dortmund.
Fabio Grosso muove i primi passi nella Renato Curi, in Eccellenza; nel ’98 passa al Chieti e nel 2000-2001 contribuisce alla promozione in C1 dei neroverdi, grazie alle ottime prestazioni, peraltro da trequartista. Nella stessa estate lo acquista il Perugia, in panchina siede Serse Cosmi, a cui il padre assegnò il quel nome in onore di Serse Coppi, fratello del grande Fausto, vincitore ad ex-equo della Parigi-Roubaix 1949, morto a 28 anni a causa di un’emorragia celebrale: 1951, Giro del Piemonte, durante lo sprint finale infilò accidentalmente una ruota in un binario del tram, cadde, sbattè la testa, ma le sue condizioni non sembrarono critiche, fino al ritorno in albergo: non ci fu niente da fare. E’ interessante come i fili che intrecciano storie di uomini e di sport imbocchino strade apparentemente complesse, ma che film è la vita.
Perugia, Cosmi chiede al ragazzo abruzzese, ma nato a Roma il 28 novembre 1977, di arretrare il raggio d’azione, prima come esterno nel 3-5-2, poi come terzino in una difesa a quattro. Da lì inizia a farsi notare, Giovanni Trapattoni lo convoca in azzurro e lo fa esordire il 30 aprile 2003 nell’incontro amichevole con la Svizzera, due a uno per noi.
Il Perugia 2001-2002 può contare su buoni giocatori, tra i quali spiccano, a parte il già citato Fabio, Zè Maria, Dellas, Baiocco, Blasi, Ahn, castigatore dell’Italia, Bazzani, Vryzas e O’Neill. Tra le soddisfazioni principali, il 3 a 1 sul Milan al Renato Curi e l’1 a 1 a San Siro, con tanto di ottavo posto finale. Grosso è la sorpresa del torneo.
L’anno successivo, con Miccoli in scuderia, arriva il decimo posto, con tanto di Intertoto vinta e annessa qualificazione alla Coppa Uefa 2003-2004: i grifoni passano il secondo turno con un totale di 3 a 1 contro i greci dell’Aris Salonicco, ma devono arrendersi ai sedicesimi con gli olandesi del PSV, 0-0 all’andata in quel di Perugia, 3 a 1 ad Eindhoven, ma Fabio era ormai volato da gennaio in Sicilia, a Palermo, triplo salto mortale: ci vuole coraggio a lasciare Perugia, la massima serie, l’ Europa e per giunta la nazionale, a pochi mesi dall’Europeo in Portogallo. Mai scelta fu tanto difficile quanto giusta: Palermo in A, qualificazione l’anno successivo alla Coppa Uefa e Nazionale, per giunta da titolare, o quasi. Per i ruoli di terzino Lippi, subentrato al Trap, può contare sul navigato Zambrotta e su due ragazzi promettenti del Palermo, Zaccardo e appunto Fabio. E il Perugia? Retrocessione allo spareggio nel 2004, non è più tornato nella massima divisione.
Ancora un campionato d’alto livello con i rosanero ed ecco il Mondiale di Germania.
Dichiarerà: “Se gioco io, è grasso che cola.”, ovvero, non credo di poter passare così osservato, non faccio la differenza, tutto ciò è già abbastanza. Così sembra, almeno nel girone, quando disputa due sufficienti partite con Ghana e Repubblica Ceca. Ma un calciatore ai più alti livelli vive di scariche d’adrenalina in novanta minuti: dietro le dichiarazioni dettate dall’umiltà, si nasconde voglia di incidere. Profilo basso, massimo impegno e vediamo cosa succede.
La visione della Vergine, semplicemente.
26 Giugno, Kaiserslauten. Italia- Australia, partita nervosa, tirata fino ad un estenuante nulla di fatto quando scocca il 92′, mancano venticinque secondi scarsi al termine e Totti, complice le marcature in maglia color sole allarga sulla sinistra per Grosso, il resto è un thriller degno d’Oscar: il numero tre lascia sfilare il pallone, entra in area con un tunnel in sterzata su Bresciano, appena Neill fa per andare in scivolata, puff, rigore. Non c’era, a parti invertite avremmo urlato allo scandalo, ma in quel momento l’Italia è nel pallone, calcio di rigore. Totti la mette sotto l’incrocio, Grosso inizia il suo cammino di redenzione calcistica. Quarti di finale, 3 a 0 con sofferenza all’Ucraina. Semifinale, 4 luglio, Italia-Germania. Potremo mai spiegare cosa provammo a chi non c’era, così come fecero i nostri genitori o nonni per raccontarci altre epiche sfide degli azzurri? Difficile, il rischio di cadere nel banale è forte, ma probabilmente quell’attesa per un tocco illuminante di Pirlo ebbe una durata esagerata nella testa di ognuno di noi, quella sera. Tacco, Grosso, Leggenda. L’urlo di Fabio, 24 anni dopo Tardelli, sempre la Germania di mezzo. Il volto è una maschera di emozioni, la gioia è esagerata per essere urlata a parole, Zambrotta lo atterra, Del Piero e Buffon arrivano subito a festeggiarlo, Fabio piange, immobile, se non fosse per le gambe, mai dome, che hanno portato l’Italia, a braccetto con Del Piero, in finale.
9 Luglio, dall’Angelini all’Olympiastadion il passo non è affatto breve, è da giganti. Come in un incontro pugilistico le due formazioni rispondono colpo su colpo alle offensive avversarie, uno-due tra Zidane e Materazzi, con il berbero dagli occhi di ghiaccio al canto del cigno.
Minuto sessantadue, punizione da sinistra calciata da Grosso, Toni di testa, Barthez è battuto, ma l’urlo azzurro viene strozzato in gola dal fischio del signor Elizondo, fuorigioco. Henry è da applausi, Pirlo è forse il centrocampista più in forma del pianeta, supplementari. Ribery e Zidane spaventano Buffon, fino al fattaccio, Zizou viene espulso. Quanti cuori infranti.
Rigori, sbaglia solo David Trezeguet, Lippi sa chi sarà a battere il quinto e decisivo rigore, sarà Fabio, Fabio Grosso. Marcello da Viareggio si fida ciecamente di ogni suo ragazzo, sa perfettamente chi sia in grado di assumersi tale responsabilità. Fabio va sul dischetto, assume lo sguardo di chi sa di avere la possibilità di entrare per sempre nella Storia del Gioco. La rete si gonfia, siamo sul tetto del mondo, Fabio ha in mano un biglietto per la Storia:da quel momento, nominandolo, ecco riaffiorare quelle immagini, i volti di chi condivise quelle emozioni, i luoghi dei festeggiamenti, quel sapore di vittoria al mattino, la Gazzetta con quel Tutto Vero entrato nell’immaginario popolare.
Un Mondiale da Dio, thanks Fabio.

Luigi Della Penna

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