Elsa Flacco, scrittrice, ci accompagna nel suo viaggio interiore tra le bellezze di questa terra dalle quali trae ispirazione
Vasport, in occasione della Festa della Donna, ha voluto omaggiare una scrittrice abruzzese, Elsa Flacco, appassionata di sport. Lo sport come fonte d’ispirazione letteraria nei luoghi incantati d’Abruzzo.
Elsa Flacco è una scrittrice di Guardiagrele (CH). Super impegnata nella vita di tutti i giorni, insegna materie letterarie al liceo e mille altre passioni coltivate con cura, ha pubblicato su periodici e riviste locali, è coautrice di testi delle guide turistiche di Guardiagrele e Rapino e di saggi in volumi collettivi. Nel 2016 ha pubblicato il suo primo lavoro di letteratura creativa: il testo teatrale “Un palmo e mezzo sotto la terra”, edito da SIGRAF, da cui è stato tratto lo spettacolo Chi vive? per la regia di Veronica Pace e le musiche di Maurizio Colasanti. Il libro ha ottenuto una menzione di merito nell’edizione 2016 del Premio internazionale Salvatore Quasimodo, nella sezione “Testo teatrale”, e il Premio Speciale della Giuria all’edizione 2017 del Premio letterario “Histonium”.
Il 4 ottobre 2017 è uscito per Oakmond Publishing il suo primo romanzo, Per Francesco, che illumina la notte, che ha ottenuto la Segnalazione d’Onore al XXXV Premio Firenze nella sezione “Narrativa Edita” e ha partecipato al Festival del Medioevo 2018 a Gubbio.
Insomma, Elsa Flacco è una che “pedala”. Non solo metaforicamente. Una scrittrice forte, gentile e soprattutto determinata. Ma qual è la sua fonte di ispirazione per questo vulcano di idee? Non c’è dubbio, lo sport. In particolare la mountain bike.
“Da ragazza ero molto pigra fisicamente,
passavo i pomeriggi estivi a casa leggendo, mia madre doveva spronarmi a
uscire, il più delle volte inutilmente; la lettura era per me più attraente di
qualsiasi passeggiata o incontro o serata con gli amici. Allo scoccare dei
trent’anni ho sentito non il bisogno, piuttosto la voglia di iniziare a
muovermi. Ho provato piscina e palestra, ma quando ho scoperto la bicicletta mi
si è spalancato un mondo”.
Una passione di nome
mountain bike. Quali sono le mete preferite?
“Pedalare da sola in mountain bike,
possibilmente lungo strade di campagna o lungofiume o alla scoperta di borghi
in collina, è per me rigenerante. Nella bella stagione cerco di uscire almeno
tre volte a settimana. D’inverno un po’ meno, ma due mattine settimanali, tempo
permettendo, non me le leva nessuno”.
Elsa Flacco è una
sportiva?
“Dipende secondo quale
accezione del termine. Se parliamo di competizione e agonismo nessuno è meno
sportivo di me. Sono per carattere aliena allo spirito competitivo, e dico
purtroppo, perché nella vita mi sarebbe servito un po’ di sano agonismo. Se
invece per sport intendiamo il piacere dell’attività fisica, la cura del
benessere del corpo attraverso il movimento, l’adesione al principio mens sana
in corpore sano, allora posso dire di amare lo sport:vado con regolarità in
palestra per tenermi in forma, anche se fare trekking in montagna (ho la
fortuna di vivere ai piedi della Maiella) e soprattutto pedalare mi regalano
iniezioni di energia pura che solo en plein air è possibile ricevere”.
C’è un rapporto cioè
che nasce della tua vena artistica e le avventure in mountain bike?
“Devo dire che fino a
tre anni fa mi occupavo di saggistica e non avevo mai sperimentato nessun
collegamento tra attività intellettuale e fisica, le vivevo come alternative e
separate. Da quando ho iniziato a scrivere testi “creativi”, ho scoperto quasi
casualmente la connessione magica che si instaura tra la facoltà immaginativa e
la pedalata fluida sui sentieri di collina o lungofiume che siano: già dal
testo teatrale “brigantesco” Un palmo e mezzo sotto la terra, ho capito che
quelle ore passate con l’aria sul viso, sola con me stessa a fantasticare,
riflettere, ragionare, erano le più feconde di idee che altrimenti non avrei
incontrato: è così che ho deciso di scegliere come soggetto per il mio dramma
la vicenda del brigante Rizzacasa, la madre Giacinta e il giudice Foschini. A
quel tempo pedalavo solo su strade asfaltate, cercando quelle meno trafficate”.
Poi hai cambiato
sentieri. Quali sono i sentieri più suggestivi che rappresentano le fonti
d’ispirazione per i tuoi scritti?
Da due anni ho scoperto
le vie sterrate, in particolare i sentieri lungo il fiume Foro, da Fara
Filiorum Petri fino al mare: tanti tentativi, sempre sola, per cercare le
strade giuste, andirivieni interminabili nel fango, diramazioni senza uscita;
un’intera primavera per scoprire le varianti, le alternative, le soluzioni più
agevoli e quelle più ardue, da praticare a seconda del tempo e della
motivazione del momento. E lungo quei sentieri, durante l’estate e l’autunno
successivi ho elaborato il romanzo, finora l’unico che ho pubblicato, Per
Francesco, che illumina la notte: quando ero in crisi creativa, indecisa su
come procedere, come far agire un personaggio, quale esito far avere a una
storia, sapevo che una bella sgroppata in bici lungo il fiume mi avrebbe dato
l’intuizione giusta.
Gli incantevoli scenari
di questa regione sono illuminanti a quanto pare…
Anche per il romanzo
che sto adesso scrivendo, ambientato nella Roma del I secolo a.C. ho intere
sequenze collegate a momenti precisi di una mattina di sole, o di nebbia, umida
o calda o fresca, nell’azzurro o nel grigio, e distinti ricordi di aironi
cinerini in volo, i momenti più emozionanti: soli o in coppia, che si levano
lenti dall’acqua o dai rami di un albero e si innalzano sempre più leggeri,
battendo lentamente le lunghe ali e segnando il cielo con la loro silhouette
inconfondibile. Momenti irripetibili.
Ti occupi anche di
storia. Storia dei personaggi che hanno fatto grande l’Abruzzo
Anche la storia vera
del musicista ottocentesco protagonista della biografia appena uscita per la
Libreria Musicale Italiana, Giuseppe Dell’Orefice. Un canto interrotto sulla
scena napoletana dell’Ottocento, ha beneficiato della salubrità di certe
pedalate mattutine, con l’umidità che esala dall’acqua e la fanghiglia che
sibila sotto le ruote, mentre scorrono nella mente le immagini di un’esistenza
esaltante che si spegne in un tramonto malinconico e in una fine disperata.
Folgorazioni memorabili, attimi incantati di ispirazione, mentre intorno si odono solo cinguettii e stridii e richiami di uccelli che attraversano il sentiero in una danza continua, oltre al sottofondo ritmico della pedalata sul terreno sconnesso, ora pietroso ora sabbioso ora ghiaioso ora fangoso ora battuto: adesso so che se dovessi rinunciarci, si spegnerebbe anche la forza della mia scrittura.