Oggi allena in Serie B
albanese ma l’attaccante siciliano, dieci anni fa, in una delle sue ultime
esperienze da calciatore ha indossato la maglia biancorossa
Potremmo parlare per ore della sua lunghissima e importante carriera. Anche perché ha avuto la fortuna di riempire prime pagine importanti, su tutte quelle di un lunedì di marzo di vent’anni fa esatti dopo che il giorno prima da tifoso ed ex aveva fatto malissimo alla Juventus. Una storica doppietta, quella con la quale Fabrizio Cammarata riaprì la corsa scudetto poi clamorosamente perso dai bianconeri con il sorpasso al fotofinish da parte della Lazio. Juventus che lo aveva visto protagonista nelle giovanili facendo coppia con un certo Alex Del Piero vincendo agli inizi degli anni novanta Torneo di Viareggio e campionati. Per l’attaccante siciliano parla una carriera importante, oltre cinquanta presenze in A, ben 300 in B (con un centinaio di gol), la C1 fino ad arrivare a riabbracciare l’Abruzzo, dalla C2 fino all’Eccellenza, dopo averlo conosciuto già in due esperienza in B con la maglia del Pescara.
Ecco, l’Abruzzo dove ha messo le radici ormai da anni proprio a Pescara anche se oggi, nel ruolo di allenatore sta girando il mondo e dopo le esperienze in Russia e Oman da novembre è stabile a Tirana dove allena la Dinamo in Serie B. Con lui però abbiamo deciso di provare a ripercorrere la sua esperienza in biancorosso, quella con la Pro Vasto, datata 2009/2010, l’ultima nel mondo professionistico da giocatore.
Fabrizio Cammarata,
da cinque mesi in Albania, come stai vivendo questi giorni dominati dal
Coronavirus? “Stando a casa, in
attesa di poter tornare il prima possibile alla normalità. Per fortuna qui a
Tirana e nel resto dell’Albania il virus finora è stato contenuto bene ma fa
male al cuore vedere le immagini che provengono dall’Italia. Non ci voleva,
sono brutte settimane ma bisogna tenere ancora duro, solo così ne usciremo”.
Ormai da otto anni da
allenatore, quanto ti diverte il calcio da questa nuova prospettiva? “Nella mia ultima stagione da giocatore in
Eccellenza mi fu data la prima occasione, all’epoca mi dividevo ancora tra
campo e panchina. Capii che anche in quel ruolo il calcio continuava a piacermi
e ancora oggi mi diverto tanto”.
Dagli Esordienti a
vice in Primavera con il Pescara, dopo i quattro anni in biancazzurro l’esperienza
in Russia, la passata stagione in Oman o ora l’Albania, cosa significa girare
il mondo da allenatore? “Si parla
sempre di crescita, è sempre un modo per cercare di migliorarsi. Il calcio, per
fortuna, ci da la possibilità di conoscere nuove culture oltre che provare a
portare la tua esperienza in Paesi e realtà calcistiche che lavorano per
affinarsi sempre di più”.
A novembre hai detto
sì alla Dinamo Tirana accettando la chiamata del patron Pontrelli, contento
della scelta fatta? “Un’altra avventura
stimolante, la proprietà italiana mi ha fatto subito capire di voler riportare
in alto questo club in B solo di passaggio. La Dinamo Tirana è un club storico
in Albania con oltre trenta titoli tra campionati e coppe, prima dello stop
eravamo saldamente al primo posto, peccato essersi dovuti fermare. Qui in
Albania il calcio è interessante, parliamo di un buon livello”.
Nel calcio c’è la
dicerie che chi è stato attaccante in campo fa più fatica ad imporsi come
allenatore, tu da ex bomber cosa rispondi? “Nel calcio conta l’esperienza fatta in campo nei tanti anni di
carriera che uno accumula. Poi bisogna continuare a lavorare intensamente anche
nella nuova veste senza mai accontentarsi. Non credo sia una questione di ruoli
ricoperti da giocatore, basti pensare in ultimo ai fratelli Inzaghi, Simone e
Filippo stanno facendo grandi cose con Lazio e Benevento”.
Allenatore oggi ma da
giocatore passato anche a Vasto, con dieci gol nella stagione 2009/2010, che
ricordo hai? “Bellissimo, fu la mia
ultima esperienza da giocatore tra i professionisti ma a 35 anni quella piazza
mi diede nuovi stimoli, mi trovai bene con tutti e ancora oggi a distanza di
anni la ricordo piacevolmente”.
Da lì in avanti hai
continuato a divertirti e segnare in Abruzzo, ti è dispiaciuto salutare la Pro
Vasto dopo una sola stagione? “Tanto,
non è piaggeria ma sarei rimasto volentieri. Avevo avuto il piacere di
indossare anche la fascia di capitano, c’era un contratto biennale che io
certamente avrei rispettato se in quell’estate non ci fosse stato l’amaro
fallimento”.
Dopo la promozione
dalla D la piazza si aspettava un’altra stagione importante, cosa non andò? “Non fu affatto una stagione negativa anche
se inizialmente, ricordando il grande entusiasmo intorno alla squadra, partimmo
con qualche risultato iniziale non bello. Poi però ci siamo tolti le nostre
soddisfazioni conquistando la salvezza senza grandi affanni”.
Vasto ma non solo, in
Abruzzo ormai da anni hai messo le radici, come ti ha conquistato questa terra?
“Sono arrivato qui la prima volta nel
’97, da allora mi sono sempre trovato bene. Mare e montagna, la giusta
tranquillità, quando sono in Italia vivo a Pescara dove ho trascorso tanti anni
da calciatore e allenatore ma oltre quella vastese mi sono trovato bene anche
nelle successive esperienze con Renato Curi Angolana e Ovidiana Sulmona, le mie
ultime da calciatore”.
Radio mercato
racconta della possibilità di un avvicinamento tra te e l’attuale Vastese,
verità o fake news? “Un paio di anni
fa ci fu una sola telefonata, parliamo di pourparler, non fu intavolata mai una
vera e propria trattativa”.
Russia, Oman e oggi Albania ma se un domani dovesse squillare di nuovo presentarsi una chiamata della Vastese ti piacerebbe tornare da allenatore? “Perché no, sarebbe affascinante ritrovarsi insieme. Ricordo benissimo il calore del tifo biancorosso e le sensazioni che può regalare l’Aragona. Seguo l’andamento delle ultime stagioni, la Serie D è sprecata per una piazza come Vasto”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it