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Calcio

Cazzola: “Pro Vasto palestra di vita e di calcio. Non bisogna mai abbandonare il bambino che abbiamo dentro”

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Quasi 100 presenze da giovane in biancorosso. Oggi a 34 anni, nonostante i tanti infortuni, in C è un punto di forza della Virtus Verona dopo gli anni tra A e B

“Riccardo a 20 anni aveva già un’importante struttura fisica e già con la testa da grande professionista, con il passare degli anni ha migliorato altri particolari arrivando con pieno merito ad alti livelli”. 5 giorni fa il Riccardo in questione, Cazzola, veniva ricordato così, nei suoi esordi biancorossi, da Maurizio Natali, il direttore sportivo che lo aveva prelevato dal Perugia per portarlo a Vasto.

Da Vasto in poi la carriera del forte centrocampista veronese ha avuto un’incredibile impennata, senza il grave infortunio del 2013 quando era titolare in A con l’Atalanta si sarebbe potuto togliere ulteriori e maggiori soddisfazioni ma come vedremo dalle sua parole, tutti quegli stop lo hanno reso ancora più forte riaccendendo quell’infinita passione per il calcio. Grande professionista già a vent’anni e a sentirlo in questa nostra chiacchierata quelle di Natali sono state dichiarazioni azzeccatissime. Una chiacchierata senza frasi banali per un classe ’85 che dopo aver rischiato di salutare l’attività agonistica nella sua Verona, con la Virtus in C, ha ritrovato la voglia di tornare a fare la differenza anche in campo.

Mente pensante dentro e fuori il rettangolo di gioco, in questo mese è fermo a causa dell’emergenza Coronavirus ma è una fase che non vive tragicamente. Anzi, sua moglie Francesca dieci mesi fa ha portato al mondo la primogenita Sofia, ecco perché “sfrutto al meglio questi giorni per godermi appieno la famiglia, tra un allenamento e l’altro affianco anche mia moglie nelle sedute di Yoga ma i momenti più belli sono quando ci spupazziamo la nostra piccola”. Un dolcissimo presente tra famiglia e calcio ma, anche con lui, abbiamo provato a riavvolgere quel nastro colorato di biancorosso. Una storia lunga quella tra Cazzola e la Pro Vasto, tre stagioni e quasi 100 presenze per un altro di quelli che il pubblico dell’Aragona non ha mai dimenticato.

Riccardo Cazzola, a 34 anni ancora protagonista nei professionisti, dall’alto della tua esperienza pensi che si tornerà in campo per chiudere questa stagione? “Un capitolo delicato ma dal mio punto di vista personale credo sia giusto non tornare in campo. Ormai è passato più di un mese dall’inizio di questa emergenza ma la situazione non è ancora bella, ecco perché c’è altro da risolvere prima di tornare all’attività agonistica. Sarà meglio iniziare a ragionare sulla prossima stagione per cercare di capire come ripartire”.

Giochi e vivi nella ‘tua’ Verona ma Bergamo ha rappresentato un pezzo importante della tua vita e oggi vive settimane difficilissime, che sensazioni provi? “Una tragedia pazzesca, c’è chi pensa già al calcio mentre in quelle zone ci sono amici di amici che lottano nelle terapie intensive e altri che purtroppo sono venuti a mancare. Non bisogna far finta di niente, è un dramma che coinvolge tutti, noi possiamo fare del nostro meglio solo restando a casa”.

Pensi che si tornerà in campo nella prossima stagione, con questa prospettiva come ci si può allenare con il massimo impegno pur restando a casa? “Parliamo del mio lavoro, sono un professionista e lavoro seguendo un programma. Ora sto bene ma visti i tanti infortuni degli ultimi anni non posso permettermi di allentare la presa, ho ancora tanta voglia e per questo devo continuare ad allenarmi al meglio tutti i giorni”.

Gli infortuni, ti eri imposto anche in A con la maglia dell’Atalanta, poi dall’aprirle del 2013 cosa è successo? “Fino a quel momento la mia carriera aveva avuto sempre una continuità regolare come pochissimi stop. A Bergamo il primo grave infortunio, crack del ginocchio, 200 giorni fuori e da lì in avanti la mia struttura fisica ne ha risentito. Tantissimi stop anche nella stagione a Cesena e poi l’anno e mezzo fuori dai giochi quando ero ad Alessandria non è stato per nulla semplice”.

Ecco, a 32 arriva una gravissima lesione che ti tiene fuori un anno e mezzo, qualcuno avrebbe potuto decidere di appendere le scarpette al chiodo, a te chi ha dato la forza di reagire? “Tra gli infiniti pensieri di quel periodo era anche passato quello dello smettere da giocatore non lo nascondo. Ho avuto però la fortuna di riflettere a lungo aggrappandomi alla forte passione e il folle amore che nutro nei confronti di questo sport. Con il passare degli anni il calcio preso sempre di più il sopravvento risultato finale, ipocrisia e cattiveria, in parte sentivo di aver perso qualcosa ma tutte quelle riflessioni mi hanno aiutato a ritrovare il bambino che è in me. Lo dico a tutti, grandi e piccini, non dobbiamo mai perderlo, io l’ho ritrovato anche perché in quel periodo di inattività ho iniziato ad allenare i bambini e sono stati fondamentali per farmi tornare la voglia di ripartire”.

Il presente si chiama Virtus Verona, avevi voglia di tornare a casa? “In estate non era quello il mio pensiero fisso, la priorità era capire come stessi dal punto di vista fisico e con i rossoblù era nata questa opportunità. Ho capito di stare bene e ritrovata la voglia di rimettermi in gioco allo stesso tempo ho, per fortuna, incrociato una realtà calcistica sanissima che mi ha subito colpito coinvolgendomi alla grande”.

Vicecapitano della terza squadra di Verona, puoi raccontarci dall’interno il mondo della Virtus? “Una realtà che riesce a ritagliarsi il suo importante spazio pur avendo davanti Hellas e Chievo. Tanti applausi per il nostro presidente e allenatore Luigi Fresco, in doppia veste dal 1982 partendo dalla Terza Categoria. Un ambiente pulito capace di conservare gli antichi e veri valori di questo sport come purezza del lavoro quotidiano, umiltà, forte senso di appartenenza, festa e gioia. Apparentemente piccole cose ma che mi hanno fatto riassaporare i valori del calcio, una realtà che mi ha fatto tornar voglia di dire ancora la mia in campo, infatti già da qualche mese ho rinnovato il contratto per la prossima stagione”.

Spuntano fuori altri cognomi illustri come Sammarco, Santacroce, Bentivoglio e Lupoli, come sta andando la vostra stagione? “Anche loro come me in questa stagione hanno deciso con grande entusiasmo di sposare questo splendido progetto. Prima dello stop eravamo a metà classifica in linea con i nostri obiettivi, siamo partiti forte con un bel girone d’andata, poi un calo fisiologico ma la stagione è assolutamente positiva. La Serie C è una terza serie solo a parole, in realtà ci sono società importanti in tutti i gironi, nel nostro ci siamo confrontati con Vicenza, Reggiana, Piacenza, Triestina, Modena e Cesena”.

Una cinquantina di presenze in A, altrettante in B, senza gli infortuni degli ultimi anni in quei palcoscenici saresti potuto riuscire a restarci più a lungo? “Contano i fatti e non le ipotesi. Sin da quando ero piccolo mi allenavo sempre al massimo, senza mai puntare a sogni pazzeschi ma con l’obiettivo di non pormi limiti tirando le somme definitive solo al termine della mia carriera. Sono stati anni belli, mi sono divertito e continuo ancora oggi a esserlo”.

Quasi 300 presenze tra C1 e C2, un terzo di queste con la maglia della Pro Vasto da te indossata dal 2004 al 2007, è partito tutto da lì? “Arrivavo a Vasto poco più che diciannovenne, è stata la mia prima vera casa dopo aver salutato la mia Verona. Un’esperienza che non dimentico perché è stata fondamentale per la mia crescita, a Vasto ho iniziato a formarmi, la Pro Vasto è stata palestra di vita e di calcio. Ricordo quelle stagioni, una C2 bella tosta, abbiamo affrontato gironi caldi, noi, pur essendo giovani, non ci tiravamo mai indietro ”.

Ti rivedi nelle parole rilasciate, sul tuo conto, nei giorni scorsi dal direttore Maurizio Natali? “Non ricordo com’ero in quegli anni, i pensieri e i modi di essere a diciannove anni sono differenti rispetto a quando nei hai quasi trentacinque. Leggere che già in quegli anni avevo la testa da professionista mi rende felice, ripeto, io in campo scendevo sempre con grande forza di volontà per lavorare al massimo”.

Tre anni sono tanti, cosa ricordi ancora oggi di quell’esperienza? “La fortuna di aver lavorato sempre con gruppi importanti, bene i primi due anni, poi peccato per l’amarissima retrocessione a Celano nel 2007. Eravamo uniti anche fuori dal campo, io con Biagianti, Morante, Maccagnan, Ciano e Picci solo per citarli alcuni. Poi pur essendo una realtà non grande poteva sempre contare sul grandissimo calore di una curva caldissima, sempre vicina a noi, in tutti i momenti, belli e brutti”.

Capitolo Biagianti, nel cuore del gioco per una stagione e mezza avete deliziato la piazza vastese, poi vi siete ritrovati avversari in A cinque anni dopo, una bella soddisfazione per entrambi? “Ci siamo incrociati due volte quella stagione nei match tra Atalanta e Catania. Custodisco fedelmente le maglie che ho scambiato con Marco in quelle occasioni, a lui mi lega una forte amicizia fuori dal campo, nata a Vasto e, per entrambi, fortunatamente, arrivata ad incrociarsi anche nella massima serie”.

Non solo, avversari in A e poi di nuovo compagni in B con la maglia del Livorno, com’è stato ritrovarvi compagni di squadra otto anni dopo l’esperienza biancorossa? “Una bellissima sensazione, un grande piacere ritrovarlo, ci sono legami indissolubili, come se non ci fossimo mai lasciati”.

A 34 anni la tua stagione si è fermata con 24 presenze e 4 gol, hai già rinnovato il contratto da calciatore ma hai già avuto modo di lavorare da allenatore, come vedi il tuo futuro? “Con la Virtus Verona, come ho già detto, ho ritrovato la voglia di giocare ancora a lungo, sono sempre più convinto e il ruolo da giocatore voglio tenermelo stretto. In quell’anno sabbatico con i giovani mi sono messo alla prova da allenatore, un domani mi piacerebbe partire dai piccoli. Il calcio è il mio mondo da sempre, ci resterò ma non come dirigente, sono un uomo di campo, quello è il mio habitat naturale”.

Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it

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