I biancoverdi nonostante la posizione deficitaria in classifica credono nella salvezza e faranno di tutto per centrarla
Umidità, freddo. Un campo sportivo, un pallone. Non è facile
retorica, è la realtà dei fatti quando hai a che fare con il calcio
dilettantistico, soprattutto se la squadra in questione, l’Odorisiana, ha
accettato di intraprendere la più difficile, ma allo stesso tempo affascinante,
strada possibile, la stessa che conduce ai giovani, soprattutto autoctoni. Si
ragiona a lungo termine, dando la possibilità di crescere, di accumulare
minuti, quindi esperienza, a giocatori in alcuni casi inesperti.
Mi intrattengo con Graziano Gattone, allenatore dei
biancoverdi: stretta di mano, un paio di parole per cominciare. Creato il clima
adatto, cominciamo.
Mister, dati alla
mano, prima del tuo arrivo l’Odorisiana non navigava in acque tranquille: come
si lavora sulla testa dei giocatori per portarli ad un miglioramento? “Innanzitutto bisogna lasciar perdere la
classifica, non darle troppo peso, mentre occorre capire cosa si fa in campo:
non è facile ricaricare una squadra. In loro ho visto subito molta
disponibilità e non è scontato. All’allenamento siamo in media 14-15 persone e
soprattutto hanno una gran voglia di imparare, di migliorarsi, mettendosi a mia
completa disposizione. Evidentemente la componente ludica dell’allenamento è
fondamentale: coinvolgerli, far comprendere loro il perché di un determinato
esercizio. Molti non avevano esperienza in queste categorie, quindi dar loro
una possibilità, farli sentire parte integrante di un progetto, credo sia
fondamentale. Ognuno di loro avrà la possibilità di esprimersi. Domenica ha
esordito Daniele (Di Pardo) che ha diciassette anni e ha disputato una gran
partita contro il Perano secondo in classifica. Tutti hanno fiducia nei
compagni”.
Quali sono le tue idee tattiche? La tua squadra come deve giocare? “Partire dal basso. Fisicamente non abbiamo
i centimetri adatti per le palle alte. Nel nostro campionato poche squadre
hanno un centrocampo tecnico, forte come il nostro. La palla delle girare, un
centrocampista deve abbassarsi tra i due centrali per avviare la manovra.
Secondo, la difesa alta: recuperare in zona ravvicinata ci rende pericolosi,
più adatti ad un gioco offensivo. Terzo, squadra corta, pressing alto e
soprattutto agire senza paura. Il tutto frutto di un allenamento mirato.
Abbiamo utilizzato il 4-3-1-2 ed il 4-3-3, però il secondo modulo è stato
difficile da attuare. Bisogna cercare di convincere i ragazzi della fondatezza
delle proprie idee, bisogna essere credibili. Domenica abbiamo giocato con il
4-1-3-2, con Lorenzo Menna davanti alla difesa. Lui è bravissimo nel far
partire l’azione da dietro. Il risultato finale, sconfitta per 3-1, non è
veritiero perché abbiamo giocato una buona partita, facendo valere i nostri
principi di gioco”.
Uno dei problemi
dell’Odorisiana è la difficoltà in fase realizzativa. Perché? “Credo dipenda dalla mancanza di fiducia che
i ragazzi hanno nei propri mezzi, spesso non provano neanche a tirare. Ho detto
ad un giocatore, prima di una partita, di non dare ascolto a quanto succede
fuori dal campo, ma di ascoltare il proprio istinto. In allenamento non è così,
ma spesso in partita succede. Credo sia un problema psicologico. Ultimamente
comunque la situazione sta migliorando”.
Mentre per quanto
riguarda i troppi gol subiti, il problema ha le stesse radici o c’è dell’altro?
“Credo sia lo stesso ragionamento. In
alcuni casi, probabilmente, non entrano subito in partita e spesso si sbloccano
dopo aver subito gol. Poi macinano, macinano. Mentre quando passiamo in
vantaggio è diverso, gestiamo molto meglio la situazione. Bisogna lavorare un
po’ di più sull’approccio. Poi è una squadra giovane, inesperta in alcuni suoi
elementi. Molte squadre, inferiori a noi tecnicamente, possiedono maggior
malizia. Devono crescere giocando, quindi acquisendo esperienza. L’idea di
valorizzare i ragazzi del paese è ottima, dovrebbero farlo tutti. Al di là dei
risultati, tra qualche anno questa squadra potrebbe ambire a traguardi
importanti. Ci vorrà pazienza”.
Sarebbe fattibile un
settore giovanile per l’Odorisiana? “Sarebbe
una grande cosa. L’iniziativa sarebbe mirata a costruire una squadra
praticamente a costo zero e di qualità. In più potrebbe essere un incentivo per
il paese, creare un maggior coinvolgimento, ma ci vuole la giusta mentalità, come
per il River, la Bacigalupo. Il pregio del settore giovanile deve essere
utilizzato per formare i ragazzi in base ad una precisa identità di gioco,
altrimenti subirebbero un torto. La prima squadra potrà così usufruire del
lavoro svolto nelle giovanili per migliorarsi”.
Nonostante le
difficoltà, l’Odorisiana potrebbe ripartire da un periodo buio con i suoi
ragazzi, investendo su di loro. “Certo,
magari inserendone anche di nuovi che abbiamo voglia di giocare per il paese.
Ripartire sarà difficile, ma già il fatto di aver pensato di ripartire con i
giovani locali rappresenta una vittoria, è straordinario. Sarò esagerato, ma
forse, al paese, sarà più utile una nostra ipotetica salvezza rispetto alla
vittoria mancata della scorsa stagione. Loro giocano per piacere, non perché
prendono soldi. Senso d’appartenenza e attaccamento alla maglia. Bello, bello,
bello”.
E dei tifosi al
seguito cosa mi dici? “E’
spettacolare. Molte squadre non hanno tifosi organizzati, mentre questi ragazzi
sono venuti con noi a Roccascalegna, Perano, sempre. Se pensi che a Cupello non
è così, puoi ben capire quanto sia bello questo attaccamento all’Odorisiana. Alcune
persone mi avevano sconsigliato di accettare l’Odorisiana, ma alla fine conta
il campo, io sono contento così. Difficile, certo, ma bello. Mi diverto con
loro. E’ un’esperienza che mi sta formando. Io ho seguito i corsi della Carpi accademy
e ho pensato a quante cose non sapevo sul calcio. Bisogna aggiungere sempre un
tassello alle proprie conoscenze. Non bisogna fermarsi al patentino, ma bisogna
approfondire con continui aggiornamenti. Per me conta tanto la partecipazione
negli allenamenti, alcuni allenatori, diciamo distaccati, non li capisco.
Bisogna spronare, istruire i ragazzi, non rimanere passivi. Ribadisco, i mieri
ragazzi tengono alla maglia. Quest’anno rappresenta, come ho già detto, un
punto di partenza. Le risorse non mancano, il rapporto giocatori- abitanti come
l’abbiamo noi è per pochi”.
Siamo ai saluti. Considerazione finale: nel calcio
dilettantistico le idee fioccano, non dobbiamo sottovalutare l’immenso apporto
fornito da sempre da questo mondo al professionismo. Non dimenticatevene, cari
padroni del vapore.
Luigi Della Penna
Redazione Vasport – redazione@vasport.it