Arbitro da otto anni,
Benedetta, ha scelto un mondo governato dagli uomini dove riesce a farsi
rispettare
Semplice non deve esserlo affatto. Trovarsi di fronte in campo una come Benedetta Bologna, carattere ‘forte’ dentro e fuori il rettangolo verde, i calciatori lo sanno, guai a pensare di poterla sovrastare in quei novanta minuti. Donna fuori e arbitro in campo, non le piace l’etichetta di “arbitro donna”, quel ruolo deve avere pari diritti tra sessi. Lo stesso dicasi per la vita di tutti i giorni, vent’anni fa il calcio femminile era discorso per una piccola nicchia ma Benedetta, nella sua Carpineto Sinello, amava il calcio sin da piccola e così un giorno ha deciso di entrare nel mondo arbitrale. Da allora mai un passo indietro sulla scelta fatta che la rende orgogliosa giorno dopo giorno, dai settori giovanili fino ai ‘grandi’ oltre 150 partite dirette in otto anni, un numero che la diretta interessata punta a far lievitare per provare ad arrivare parecchio in alto.
8 marzo, ‘Festa della
Donna’, per te un giorno come un altro o una data che deve far riflettere? “Un giorno molto importante, parliamo della
giornata internazionale dei diritti della donna. Non serve a niente regalare
mimose o condividere post banali sui social lodando le donne si poi il pensiero
è sempre lo stesso. Bisogna sempre ricordare tutte le conquiste politiche e
sociali che hanno ottenuto donne prima di noi, bisogna iniziare a rispettare la
donna eliminando definitivamente qualsiasi forma di violenza. Siamo nel 2020,
alcuni atteggiamenti sono inconcepibili, non siamo oggetti, non siamo inferiori
a nessuno. Meritiamo gli stessi diritti e doveri degli uomini”.
Cosa significa essere
un arbitro donna? “In campo io mi
sento semplicemente un arbitro, non un “arbitro donna”. Ho sempre cercato un
trattamento uguale ai miei colleghi uomini, ho sempre fatto gli stessi
allenamenti senza mai richiedere nulla di diverso. In fondo arbitriamo le
stesse partite e quindi tutti, senza differenza di sesso, dovremmo essere
trattati allo stesso modo”.
Episodi di violenza e
insulti sessisti ai danni della classe arbitrale femminili accaduti fino a
quale mese fa, quali pensieri si rincorrono nella tua mente? “Vale già quanto detto in precedenza, basta
con queste discriminazioni! Una mentalità profondamente maschilista ormai radicata
nella nostra società. Le offese alla classe arbitrale non sono una novità ma
non è concepibile aumentare il carico solo perché si è donne”.
Rimanendo su questo
tema, durante qualche partita diretta da te c’è un ricordo che ti ha colpita? “Senza andare neanche troppo lontano di
anni, qualche domenica fa sono stata disegnata per un match di Promozione, un
signore sugli spalti prima del fischio d’inizio ha urlato a gran voce: “Io non
mi farei mai comandare da una donna”. Ci rendetiamo conto? Quanta tristezza in
quella affermazione”.
Riavvolgendo il
nastro dei ricordi, cosa ti ha spinto a diventare un arbitro? “Sempre stata una malata di calcio, grazie a
mio padre che mi ha trasmesso questa passione. Fin da piccolina ho sempre
preferito il calcio con i miei amici piuttosto che le Barbie. Però all’epoca il
calcio femminile non era molto sviluppato, così ho deciso di vedere il calcio
da un’altra prospettiva iniziando questo splendido percorso. È stata la scelta
migliore che potessi fare”.
Che ricordo hai della
prima partita ufficiale che hai diretto? “4 marzo 2012 a Casalbordino. Giovanissimi provinciali, Casalbordino –
Aquilotti San Salvo. Caldo tremendo, ero molto emozionata ma soprattutto tesa,
il mio tutor era Mario D’Adamo, l’attuale presidente di sezione di Vasto. Un
giorno che non dimenticherò mai”.
Da allora ad oggi
com’è cambiato il tuo approccio alla partita dovendo spesso e volentieri
rapportarti con una quarantina di uomini? “In questi anni sono cresciuta molto, più matura e ovviamente è
cambiato anche l’approccio che ho alla partita. I calciatori ormai sanno tutto
di noi arbitri, ci conoscono e quindi da un certo punto di vista è anche più
semplice farsi accettare e di conseguenza rispettare”.
Stephanie Frappart
qualche mese fa ha diretto la finale di Supercoppa Europea maschile, in Italia
secondo te quando un arbitro donna arbitrerà un incontro di Serie A?“Siamo sulla strada giusta, anno dopo anno
stiamo raggiungendo grandi traguardi e perché no, magari anche in Italia ci
sarà una rivoluzione del genere. Basti pensare a Maria Marotta arbitro di Lega
Pro della sezione di Sapri, qualche mese fa per la prima volta in Italia è
stata designata come quarto uomo in una gara di Serie B.”.
Le ambizioni non devono mai mancare, come arbitro dove aspiri ad arrivare? “Da scaramantica quale sono uso la diplomazia, non ho ambizioni ben specifiche, voglio raggiungere la mia Serie A”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it