Il bomber di Sambuceto
mai dimenticato a Vasto oggi allena, nel girone B di Promozione, i pescaresi
della Fater Angelini Abruzzo
Per Fabio Nepa l’obbligo di restare a casa in questi giorni è più lungo rispetto al resto degli italiani. Non per sua scelta ma a causa di un brutto infortunio (rottura perone e malleolo) durante una partita del campionato provinciale di calcio a 11 Uisp. Il calcio continua ad avvolgere gran parte delle sue giornate, come allenatore della Fater Angelini Abruzzo (girone B di Promozione) in primis ma da bomber implacabile si diverte ancora da anche se da un paio di mesi l’infortunio lo sta limitando parecchio. “Sono nella fase riabilitativa, per l’inizio della prossima stagione tornerò a giocare, nessuna voglia di mollare, mi diverto ancora”.
Con lui abbiamo parlato di come potrebbe ripartire il calcio abruzzese una volta sconfitto (?) il Coronavirus ma soprattutto sono stati riportati a galla piacevolissimi ricordi dei suoi trascorsi biancorossi. Nella Pro Vasto a cavallo tra fine anni novanta e inizi duemila Nepa ha lasciato una traccia indelebile, condita da gol a grappoli (oltre 70 in tre stagioni e mezzo), molti dei quali decisivi per brindare a ben tre promozioni. In mezzo anche un’amara retrocessione ma le feste spesso e volentieri cancellano i brutti ricordi e a distanza di quasi vent’anni alcuni sono ancora nitidi.
Fabio Nepa, riposo
forzato a casa, come stai vivendo la situazione legata all’emergenza
Coronavirus? “Per me particolarissima
perché ormai già da un paio di mesi sono costretto a muovermi poco o nulla,
durante una partita del campionato Uisp mi sono fratturato perone e malleolo. Tra
operazione e riabilitazione sono fermo da un po’, ero quasi pronto a tornare
alla normalità ed ecco arrivare questo grande problema. Ora però c’è poco da
scherzare, bisogna restare assolutamente a casa cercando però di mantenere la
giusta positività. So che per molti non è semplice ma dobbiamo resistere
allontanando i pensieri negativi”.
Allenamenti vietati e
stop alle partite ufficiali ormai da giorni, quale potrebbe essere la strada
migliore da prendere nelle prossime settimane? “In questi ultimi giorni ho letto e ascoltato tanti pareri, al momento
non riesco a trovare la soluzione giusta ma credo che visto il momento,
qualunque decisione venga presa dovrà essere accettata senza alzare polveroni
inutili”.
Il tuo presente,
ormai da diverse stagioni, si chiama Fater Angelini Abruzzo, sempre salvi nelle
ultime stagioni, c’è voglia di alzare l’asticella? “Qui prima di tutto viene la programmazione senza voli pindarici,
cresciamo passo dopo passo. In estate abbiamo cambiato molto ringiovanendo
parecchio la rosa ecco perché gli alti e bassi dei risultati li avevamo messi
in preventivo. I ragazzi però danno sempre tutto, in allenamento e nelle
partite. Per il futuro è sempre bello guardare ai piani alti ma qui nessuno ha
intenzione di fare il passo più lungo della gamba”.
Con i pescaresi ormai
da tre stagioni, vivendola da dentro di quale realtà parliamo? “Io sono totalmente assorbito da questa
famiglia a 360° come allenatore, dipendente e giocatore. Oltre alla prima
squadra seguo da vicino anche i lavori dei miei colleghi nel settore giovanile
e da attaccante mi diverto nel campionato provinciale Uisp. Durante il giorno
lavoro per l’azienda Fater, vivo quotidianamente un ambiente eccezionale da un
punto di vista lavorativo e sportivo, una realtà che può essere da esempio per
tante altre”.
Da attaccante è più
difficile imporsi nel ruolo di allenatore, perché hai scelto la panchina a un
ruolo dirigenziale? “Inizialmente non
pensavo alla scelta futura, nelle mie ultime stagioni da giocatore con il
Sambuceto San Paolo decisi di iscrivermi al corso di allenatore e una volta
preso il patentino è subito arrivata la possibilità. Nel 2012 eravamo secondi
in classifica, il presidente voleva vincere il campionato di Prima e a stagione
in corso mi affidò il doppio ruolo di allenatore e giocatore”.
Da lì in avanti cosa
è cambiato? “Ero in distinta sempre
con la maglia numero 18 ma non mi sono mai messo in campo, non sarei stato
lucido, meglio dirigere dalla panchina. Quel campionato lo vincemmo, rimasi a
Sambuceto anche in Promozione nella stagione successiva e poi ho lavorato con
Ursus e Lauretum. Dal 2018 il mio presente si chiama Fater Angelini, come già
detto una splendida realtà in cui si lavora ogni giorno nel migliore dei modi”.
Un presente felice ma
per i vastesi è difficile dimenticare il tuo passato in biancorosso, ormai sono
passati quasi vent’anni, cosa porti dentro? “Grandi e bellissimi ricordi con l’apoteosi arrivata soprattutto dopo
la seconda promozione consecutiva, quella dall’Eccellenza alla D. In Promozione
eravamo uno squadrone ma quando si è obbligati a vincere non è mai facile come
può sembrare da fuori. Ci sono state tante battaglie per arrivare a quelle
promozioni, in quegli anni mi sono divertito davvero tanto”.
In mezzo alle feste l’amara
retrocessione dalla D all’Eccellenza per la nota vicenda relativa proprio al
tuo tesseramento dopo la prima parte di stagione trascorsa in C a Chieti,
meglio non ricordarlo? “Nel calcio
bisogna accettare tutto, quell’episodio fa parte del passato, non fu colpa mia,
purtroppo è capitato ma è acqua passata. Io in campo provai a dare una mano
alla Pro Vasto (segnò 7 gol) ma la penalizzazione in classifica ci condannò
alla retrocessione”.
Torniamo alle gioie,
in tre stagioni e mezzo i tuoi gol sono stati 73 senza dimenticare le undici
giornate di squalifica nell’ultimo campionato d’Eccellenza vinto, quali sono
quelli a cui sei più legato? “Potrei
dire la doppietta con l’Angolana al primo anno di Promozione ma ricordo una
rete fondamentale realizzata all’Aragona, nell’anno seguente in Eccellenza,
contro il Lauretum. Quella partita fu una vera e propria battaglia e la
vincemmo 1 a 0 al 93’ “.
In quegli anni di partner in attacco ne hai avuti parecchi, con Monaco e Luongo è stato il tridente più completo? “Nell’anno di Promozione ci siamo divertiti parecchio lì davanti ma ho sempre avuto la fortuna di giocare con partner di livello. Non posso non tralasciare lo sfortunato Iezzi, l’indimenticato Di Pietro oltre i vari Nakai, Cichella e Antonaci. In attacco ma non solo, su tutti Fabio Ruscitti, tra i vastesi tante risate con Ventrella e Cicchini, ripeto, sono stati anni fantastici”.
Guidati in panchina
dall’esperienza di Donato Anzivino, da lui nel tuo modo d’intendere il calcio
oggi hai rubato qualche segreto? “Tantissimi
sono stati gli insegnamenti di mister Anzivino, mi ha insegnato molto e in quel
periodo, quando avevo 23 anni è stato decisivo per la mia crescita. Oggi come
lui applico il 433, rivivo quei momenti ma in altra veste anche se oggi molto è
cambiato”.
Da calciatore ad
allenatore, da ieri a oggi, com’è cambiato il calcio?“Tanto, oggi com’è giusto che sia tra Promozione ed Eccellenza quasi
tutti i giocatori lavorano e cambiano anche i metodi di allenamento. Per questo
motivo è fondamentale l’impostazione inziale nella preparazione estiva dove si
riesce a lavorare meglio e poi durante la pausa natalizia”.
Dall’estate del ’97 fino al giugno del 2001 anni colorati di biancorosso, c’è stata quella parentesi di sei mesi in C con la maglia del Chieti, fu un passaggio chiacchierato? “La C era un’opportunità troppo grande e non potevo lasciarmela sfuggire. Ci ho provato ma dopo qualche mese era grande il mio desiderio di tornare in biancorosso. Ricordo però benissimo l’amichevole estiva, subito avversario all’Aragona con la maglia neroverde e fui accolto con uno striscione con su scritta una rima, poco gentile (ride), che non dimenticherò mai. Poi a fine partita vennero in molti ad abbracciarmi, anche con i tifosi quegli anni ci fu un grande rapporto, la Curva D’Avalos ci diede una grossa mano a raggiungere gli obiettivi”.
Antonio Del Borrello – antoniodelborrello@vasport.it