51 anni di militanza nel mondo del calcio, oltretutto in una società professionistica, sono una vera e propria rarità. Per tutti ma non per Vittorio Azzarà, dirigente addetto all’arbitro del Pescara che ha iniziato in questo 2019-20 il suo cinquantunesimo anno al servizio del Delfino.
Una lunga e felice storia d’amore e di fedeltà, una vita con e per il biancazzurro quella di Vittorio, le cui Nozze d’Oro con una stessa società sono forse passate un po’ in sordina. E allora vogliamo raccontare noi una bella storia di amore per lo sport e per una squadra di calcio in particolare.
Classe 1942, è ancora in prima linea e lo è dal 1968-69, una stagione dopo l’ingresso nel club dell’istituzione biancazzurra Vincenzo Marinelli, che ora è presidente onorario del club. «Fu proprio lui a propormi di entrare, quell’anno il Pescara era guidato in panchina da mister Gianni Seghedoni. Iniziò tutto così». Con semplicità, quasi per gioco. E dopo dieci lustri è ancora là, al fianco della società della sua città. Ed ha partecipato ad ogni grande evento del sodalizio biancazzurro, nel bene e nel male. «Ho vissuto tutte le promozioni in serie A del Pescara e anche gli anni bui. Ho saltato solo tre gare in tutti questi anni e per motivi importanti: il matrimonio di mia sorella, la comunione dei miei figli, che ho fatto fare insieme, e la Final Four di Coppa Campioni del Pescara C5 a Madrid», racconta Azzarà. Una fedeltà stoica, la sua. Apprezzatissima da tutti. Ha partecipato anche all’epopea della squadra di calcio a 5 della città, una prepotente scalata che ha regalato a Pescara uno Scudetto e tanti altri allori prima di chiudere i battenti.
Il calcio, però, è il primo amore. Un amore tinto di bianco e d’azzurro, ovviamente. «Ci sono stati anche momenti difficili, penso al fallimento e agli anni immediatamente precedenti. Con i presidenti dell’epoca non ho mai avuto grosso feeling, il mio compito era tutelare la società nel mio ambito di competenza e l’ho sempre assolto al meglio delle mie possibilità».
Ma in cosa si esplica il suo ruolo? «Dal momento in cui la terna arbitrale varca il cancello dello stadio la prendo in consegna e mi assicuro che tutto fili liscio e non ci siano problemi di alcun tipo, insieme ad un collaboratore prezioso. E a fine gara accompagno l’arbitro in hotel, in aeroporto o comunque nel luogo dove deve recarsi immediatamente dopo la gara. Mai avuto problemi di ordine pubblico? No, per fortuna. Negli Anni Sessanta e Settanta, negli anni di C ed i primi di B, la situazione era più difficile. Differentemente da oggi non c’era la scorta, ad esempio, ma conoscevo strade alternative e modi per evitare ogni possibile contatto con le tifoserie e per evitare altri tipi di problema».
Sono però accadute tante vicende simpatiche. Potrebbe scrivere un libro Vittorio, ma dal suo album di ricordi scegliamo una vicenda di uno degli anni più belli in assoluti della storia del Pescara. Quello che passerà alla leggenda come la Zemanlandia biancazzurra. «Nella stagione 2011-12, proprio nel giorno di Pescara-Torino, gara decisiva per la promozione nella massima serie con Zeman in panchina, ero a Roma per ricevere la Benemerenza Sportiva del Coni come dirigente di lunga militanza. Partii alle 14 dalla Capitale ed arrivai allo stadio Adriatico accolto da un boato incredibile, proprio mentre parcheggiavo. Ovviamente non era per me», sorride di nuovo. «Il Pescara era appena andato in vantaggio, gol di Insigne su lancio telecomandato di Verratti». Era il 12 maggio, la partita terminò 2-0 grazie al raddoppio di Ciro Immobile e quel successo lanciò definitivamente i biancazzurri verso la vittoria del campionato nella stagione dei record. Un dolce ricordo davvero.
In 51 anni di militanza ha conosciuto tanti campioni e tutti i tecnici del Pescara. «Ho ovviamente conosciuto ed ho avuto rapporti con tutti i tecnici che si sono susseguiti sulla panchina del Delfino. Con tutti ho stretto un rapporto, ognuno di loro in vari momenti mi ha chiesto lumi sulle designazioni di giornata, con quale tipo di arbitro avrebbe avuto a che fare e cose di questo tipo. Aneddoti? Ne avrei tanti, ricordo tutti con piacere. In particolare Tom Rosati, artefice di una delle cavalcate più belle della storia di questa squadra quando arrivò la prima volta. Dalla D alla B con due promozioni di fila e due salvezze nella serie cadetta in quattro anni. Tornò anni dopo, centrando un’altra promozione in B ed una salvezza», racconta di una delle bandiere più importanti nella storia del Delfino. A proposito di icone del club: il 24 novembre è stato il sesto anniversario della morte di Vincenzo Zucchini. Vittorio lo ricorda con poche parole, ma sentite ed emozionate: «Vincenzo è stato un uomo di grandissimi valori, una persona speciale. E’ stato col Pescara da calciatore e poi in altre vesti, ho un ricordo bellissimo di lui». Un ricordo talmente intimo e privato che è giusto resti custodito nel suo cuore. E non sulle pagine di un giornale.